Ora la Cina produce anche olio di qualità. Grazie agli ulivi italiani

 

La Cina è sempre più vicina e ha iniziato a produrre anche olio di qualità. Come noto il “dragone” asiatico è bravissimo a copiare prodotti tipici di altre nazioni, rivendendoli poi a prezzi quasi sempre più bassi. Altrettanto celebri sono le “cineserie”, termine però che è ormai un cliché inappropriato perché da qualche anno Pechino sa copiare mantenendo comunque alta la qualità dei prodotti. Riesce a farlo anche nel settore agroalimentare e la produzione di olio lo dimostra. Non è neppure una novità assoluta, perché già nel 2018 l’olio d’oliva prodotto dall’azienda cinese Bai si è addirittura distinto tra i 189 campioni in tutto il mondo nella competizione internazionale organizzata in Spagna dall’International Olive Oil Council. “Per noi è stato prezioso e memorabile vincere il Mario Solinas Quality Award, l’Oscar dell’olio d’oliva”, ha dichiarato il direttore generale della società, Dong Lan.

Cina, ulivi e macchinari italiani per la produzione di olio

Qualcuno, comprensibilmente, manterrà forti riserve sull’olio prodotto in Cina. Eppure pare proprio che la qualità sia davvero buona, grazie soprattutto a due fattori determinanti: l’utilizzo di ulivi e macchinari italiani. Basti citare a titolo esemplificativo l’azienda Xiangyu Olive Development Co., che utilizza ulivi Leccino, ovvero una delle più celebri varietà provenienti dall’Italia. Le olive importate dall’Italia, in particolare le Coratina e appunto le Leccino, coprono circa il 60% delle aree coltivate dall’azienda nella provincia del Gansu, nel nord-ovest della Cina. “Oltre alle nuove varietà di olive, anche i macchinari per la lavorazione dell’olio extravergine di oliva sono state importate dall’Italia e dalla Germania“, ha fatto presente Wang Wuxin, vice direttore generale della società cinese.

La Cina fa paura, perché copia bene

Scontato, ma affatto inutile notare che la produzione di olio in Cina rischia di mettere in discussione il primato delle nazioni mediterranee. Una concorrenza particolarmente temuta da Spagna e Italia, rispettivamente primo e secondo produttore di olio di oliva al mondo. L’Italia, oltretutto, possiede 41 denominazioni DOP e un’IGP riconosciute dall’Unione europea. L’olio cinese non potrà essere venduto come IGP, ma è comunque una sfida preoccupante che potrebbe prospettarsi a breve. Anche perché sarebbe un grave errore pensare che la Repubblica popolare, come detto, si limiti a scopiazzare evitando i crismi necessari per eccellere.

La capacità di apprendere tecniche di piantagione e di lavorazione in ogni settore è una prerogativa cinese da tenere in considerazione. Un esempio su tutti, quello di Bai Xiaoyong, presidente del consiglio di amministrazione dell’azienda Longnan Garden City Olive Technology Development Co. Ltd. Quattordici anni fa, nel 2006, Bai è venuto in Toscana per apprendere le migliori tecniche di produzione di olio, poi ha stipulato un contratto con un’azienda italiana per l’acquisto di un macchinario e nel 2006 ha ospitato alcuni esperti italiani. Così il suo personale ha ricevuto una notevole formazione professionale. Pazienza, visione lungimirante, impegno e applicazione. La Cina fa paura anche perché è in grado di sfidare tutti, in qualunque campo.