Omicidio Marco Vannini: arriva la condanna per tutta la famiglia Ciontoli

 

Con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale è stato condannato a 14 anni di reclusione il sottoufficiale della Marina Militare Antonio Ciontoli.

Per lui l’accusa di avere ucciso Marco Vannini la notte tra il 17 e il 18 maggio scorsi nella propria abitazione di Ladispoli. Questo il tanto atteso verdetto emesso dalla seconda Corte d’Assise d’Appello di Roma. Condannati invece a 9 anni e 4 mesi gli altri componenti della famiglia che hanno assistito all’omicidio quella notte, ovvero la moglie Maria Pezzillo, i figli Federico e Martina.

Le dichiarazioni rese da Antonio Ciontoli questa mattina

“Chiedo perdono per quello che ho commesso e anche per quello che non ho commesso. So di non essere la vittima ma il solo responsabile di questa tragedia”. Sono queste le parole pronunciate questa mattina in tribunale da Antonio Ciontoli nell’esporre le dichiarazioni spontanee ai giudici del processo d’Appello bis. “Sulla mia pelle- ha proseguito il militare- sento quanto possa essere insopportabile, perché innaturale, dover sopportare la morte di un ragazzo di vent’anni, bello come il sole e buono come il pane. Quando si spegneranno le luci su questa vicenda, rimarrà il dolore lacerante a cui ho condannato chi ha amato Marco. Resterà il rimorso- ha concluso- di quanto Marco è stato bello e di quanto avrebbe potuto esserlo ancora e che a causa del mio errore non sarà. Marco è stato il mio irrecuperabile errore”.

La tragedia

La drammatica vicenda che si è consumata con la morte di Marco Vannini è avvenuta la notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015. Una tranquilla sera di primavera come le altre, a casa della famiglia della fidanzata in una villetta di Ladispoli. Marco che allora aveva 20 anni, è stato raggiunto dal colpo del proiettile di una Beretta calibro 9 appartenente al padre della fidanzata. Ferito alla gabbia toracica e al cuore, Marco ha atteso 110 minuti prima di essere soccorso dai mezzi del 118. Non un ritardo dovuto alla negligenza dei mezzi di soccorso ma alla volontà della famiglia Ciontoli che, prima di chiamare aiuto, ha impiegato tutto quel tempo fornendo poi ai medici e alle autorità versioni poco chiare e contraddittorie. Proprio quel ritardo è stato fatale per il giovane. A stabilirlo la Corte di Cassazione che ha ribaltato il grado di Appello.

La sentenza di primo grado

Risale al 18 aprile del 2018 la sentenza di primo grado che ha condannato Antonio Ciontoli a 14 anni di reclusione con l’accusa di omicidio volontario per la morte di Marco Vannini: “Antonio Ciontoli – si legge in quel documento del giudizio- lasciò morire Marco Vannini per evitare guai sul lavoro”. Tre anni invece, con l’accusa di omicidio colposo, per tutti gli altri familiari, ovvero la moglie e i due figli presenti al momento del fatto. In quella sede è stata assolta la fidanzata di Federico Ciontoli, testimone che aveva assistito a quanto accaduto dentro quelle mura.

La sentenza in appello

La condanna per Ciontoli è stata ribaltata in sede d’Appello lo scorso 29 gennaio: secondo i giudici, il militare non ha commesso un omicidio volontario ma colposo con conseguente sconto della pena. I 14 anni di reclusione inflitti in primo grado sono diventati 5. Confermata la condanna a 3 anni per tutti gli altri componenti della famiglia. La notizia ha scosso i genitori e i familiari della vittima che hanno sollevato non poche polemiche ritenendo la pena non adeguata a dare giustizia alla morte assurda del proprio figlio.

La svolta

Il 6 marzo scorso è arrivata la svolta con la sentenza della Corte di Cassazione che ha ribaltato il grado di appello accogliendo i ricorsi della procura generale e delle parti civili per i quali la morte di Marco fu omicidio volontario con dolo eventuale. Sempre la Corte di Cassazione ha confermato che i 110 minuti di ritardo per chiamare i soccorsi sono stati determinanti a causare la morte del giovane.

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