Omicidi e slot machine: l’ex boss della Magliana era il «quinto re di Roma»
Era amico del «capo dei capi», rispettato da camorra, mafia e ‘ndrangheta ed era considerato il «quinto re di Roma», contrapposto a Massimo Carminati, che era stato il «quarto».
Ma Salvatore Nicitra, detto «Sergio» o «l’ingegnere», siciliano classe 1957, raggiunto ieri da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nel corso di una maxioperazione dei carabinieri, orchestrata dalla Dda romana, era molto di più. Negli ultimi anni era diventato il signore indiscusso delle slot machine nella capitale, ma è sempre stato un pezzo di malavita romana, cresciuto all’ombra della banda della Magliana e legato con Franco Giuseppucci e Renatino De Pedis.
Era in carcere dal 2018, ma ieri è finito nuovamente nella rete dell’Arma, che nell’operazione Jackpot ha arrestato altre 37 persone tra Roma, Viterbo, Terni, Padova, Lecce, Spagna e Austria. L’accusa è di aver monopolizzato, con modalità mafiose, la distribuzione delle apparecchiature per il gioco d’azzardo e di riciclare poi il denaro guadagnato, anche a Hong Kong e Dubai.
Ma Nicitra è passato attraverso 30 anni di storia della criminalità. Venuto da Palma di Montechiaro, dove era vicino al clan dei Ribisi, si era buttato nel gioco d’azzardo e a Primavalle nella droga per conto di De Pedis. Le prime accuse di omicidi e rapine lo avevano sfiorato appena, perché si era fatto passare per pazzo scontando nell’ospedale psichiatrico di Anversa. Ma mentre era lì, nel 1993, qualcuno gli aveva fatto sparire il fratello Francesco e il figlio Domenico, di 11 anni. È chiaro ora che si trattò di una ritorsione per uno degli omicidi, i «cold case» scoperti adesso, di cui sarebbe stato autore o mandante, nella sua conquista di Primavalle, Casalotti, Montespaccato, Cassia ed Aurelio. Hanno ora una risposta la morte di Giampiero Caddeo, il duplice omicidio di Paolino Angeli e Roberto Belardinelli, di Valentino Belardinelli e al tentato omicidio di Franco Martinelli.
L’ultimo arresto dell’«ingegnere» risale a meno di due anni fa, per un’estorsione che doveva servire a mettere pace tra il clan dei Gambacurta e uomini legati al boss Michele Senese. Ma ora è stato inchiodato per il monopolio delle slot machine ottenuto con la forza. «Io avevo le case da gioco più importanti di Roma e d’Italia, con i soldi che guadagnavo neanche il casinò li guadagnava, avevo le case da gioco con ville così, con i camerieri con i guanti bianchi e i vestiti neri, guadagnavo 100.000 euro a notte», si sente in un’intercettazione. Riferendosi a un potenziale concorrente nella distribuzione dice: «Chiariamo subito i ruoli qua su Roma nord tu non metti un chiodo, e se metti un chiodo devi passà prima da me». E ancora: «Io sono un boss, metto macchinette e slot machine dove voglio. Su tutta Roma, non solo a Roma Nord». «Non ho più bisogno di spacciare droga e non ho più bisogno di azioni violente, perché ormai sono rispettato da tutti», si sente in un’altra intercettazione.
«Molti soggetti hanno dovuto arretrare una volta preso atto dello spessore criminale di Nicitra nel campo delle slot machine» ha spiegato chiaramente il colonnello dei carabinieri Lorenzo D’Aloia. «Questo è uno dei tasselli nella ricostruzione dello scenario criminale romano che mancava – ha commentato il procuratore facente funzioni di Roma Michele Prestipino -. Un gruppo che fa capo a un personaggio come Nicitra, da sempre uomo chiave delle dinamiche criminali romane». Il nuovo arresto per associazione per delinquere finalizzata alla turbativa dell’attività economica e frode informatica, con l’aggravante del metodo mafioso lo assicurerà per molto alla giustizia. Come pure la responsabilità di quegli omicidi.
Il boss avrebbe voluto acquistare 24 kg di lingotti d’oro dalla Banca dell’Etruria e del Lazio, per riciclare oltre 800mila euro, invece gli è andata male e ieri i carabinieri hanno messo i sigilli a beni mobili e immobili legati alla sua organizzazione per 15 milioni di euro. I personaggi arrestati con lui, tra cui Rosario Zarbo, Francesco Inguanta e Antonio Dattolo, dovranno rispondere invece a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla frode telematica per il gioco d’azzardo illegale, riciclaggio, intestazione fittizia di beni ed estorsione, aggravate dal metodo mafioso. Ai domiciliari sono invece le donne del clan: la madre, la figlia, la compagna e la segretaria di Nicitra che avevano un ruolo primario nell’attività illecita.
Fonte: Il Giornale