“Migranti? Sapevano dei rischi…”. Ora gli agenti accusano il Viminale

 

Le fotografie pubblicate ieri in esclusiva dal Giornale.it, e il racconto dell’infinito servizio di 20 ore col distanziamento sociale andato a farsi benedire, hanno provocato la netta presa di posizione dei vertici della Pubblica sicurezza.

Ve ne abbiamo dato conto ieri (leggi qui). Ma sebbene il dipartimento ritenga che “tutte le procedure sono state rispettate”, non è la prima volta che i servizi di scorta per i migranti fanno storcere il naso agli agenti. Tanto che da tempo i sindacati denunciano, inascoltati, le falle dei protocolli sanitari sugli aerei di trasferimento degli immigrati.

Covid, il volo choc per 20 ore: poliziotti ammassati coi migranti
Breve riassunto. Giovedì scorso alcuni operatori partono da Fiumicino per raggiungere Catania dove farsi carico di 81 migranti da trasferire dalle navi quarantena ad alcuni centri per i rimpatri del Nord Italia. I primi 40 li portano a Milano, poi tornano indietro, ne imbarcano altri 41 e li scortano a Torino.

Infine approdano a Roma. Di problemi ne emergono non pochi. Innanzitutto il mancato distanziamento sociale a bordo del velivolo: le immagini mostrano gli agenti (90 in tutto) a braccetto con gli stranieri (in 40), tutti appiccicati seppur con guanti e mascherina. Poi quel servizio lungo quasi 20 ore, con gli operatori salpati la prima volta alle 10 di mattina e rientrati a casa alle 4.30 di notte. Infine la querelle sui pasti: nonostante il dipartimento assicuri di averli forniti “sul volo di linea su entrambe le tratte”, fonti del Giornale.it parlano di un pranzo consumato in pista, di ticket inutilizzabili e della cena recapitata in piena notte in aeroporto a Torino con i sacchetti “lasciati su un carrello bagagli”.

I vertici della polizia si sono difesi a spada tratta, pur confermando le circostanze dei fatti. Per il dipartimento l’aereo “aveva 25 posti liberi, in modo da consentire il rispetto delle normative anti-Covid”. Inoltre il protrarsi del servizio è stato dovuto da una “criticità” emersa al Cpr di Torino, dove una mediatrice culturale positiva aveva richiesto “l’effettuazione di tamponi a tutti presenti prima di poter far arrivare i tunisini” nel centro. E soprattutto la “vicinanza” tra agenti e migranti, necessaria in un servizio del genere, sarebbe “consentita” da una circolare a condizione che gli stranieri vengano tamponati il giorno prima e che tutti indossino la mascherina. Insomma: “Nessun responsabile da ricercare”. Sarà.

Restano però quelle immagini, il distanziamento inesistente (“in uno spazio così piccolo bastano i dpi?”, si chiede qualcuno), le 20 ore di servizio e le proteste dei sindacati. Che a ben vedere da tempo sollevano il problema. Anche il capo della Polizia Franco Gabrielli, secondo quanto risulta al Giornale.it, era stato informato nei giorni scorsi dei pericoli di questi voli della speranza. Fabio Conestà, segretario generale del Mosap, a fine ottobre aveva anche denunciato un caso incredibile. Circa 40 tunisini erano stati rimpatriati ad Hammamet con un volo charter: erano stati “sottoposti a tampone” prima di decollare, peccato che “l’esito sia arrivato giorni dopo il volo e che uno di loro sia risultato positivo al Covid”. Risultato finale: quarantena per gli agenti di scorta.

Il fatto peraltro era stato denunciato anche da altri sindacati, tra cui il Sap. Ed è pure diventato oggetto di un’interrogazione al ministro Lamorgese firmata dalla Lega. Non solo. Lo scorso 5 novembre Andrea Cecchini, segretario di Italia Celere, di fronte alla prima Commissione della Camera aveva informato i politici (pure di maggioranza) delle criticità emerse nella gestione dell’immigrazione al tempo del Covid. “Le lunghe percorrenze – diceva Cecchini – obbligano le questure ad impiegare per almeno due giorni il personale dipendente impegnato nella scorta nazionale, senza sottovalutare inoltre i rischi di contagio Covid causato dal contatto stretto e prolungato con lo straniero da trattenere presso il Cpr, nonostante la presenza di certificazione di tamponi negativi per il Covid”. Insomma: non si tratta di un caso caduto dal cielo. Se non ci sono “responsabili da cercare”, qualche dubbio sarà almeno lecito. No?

il giornale.it