“Mia madre uccisa a bottigliate. I killer marocchini presto fuori”

Sono entrati in casa sua per un bicchiere d’acqua. Poi l’hanno colpita con una bottiglia in testa e l’hanno uccisa portando via oro e contanti per un bottino da 400 euro.

Due marocchini di 19 anni circa due anni fa hanno messo a segno una rapina a Finale Emilia che ha spezzato la vita di Mirella Ansaloni, un’anziana morta per la mano assassina dei due banditi. Adesso dopo il processo, il pm ha chiesto per i due pena abbastanze ridotte: 8 e 12 anni. Il tutto, secondo quanto riporta il Giorno, per dare la possibilità ai due marocchini di reinserirsi nella società dopo aver scontato la pena.

Eppure questa richiesta della pubblica accusa fa parecchio discutere. Rubare e uccidere può valere così poco sul fronte penale? La rabbia del figlio della signora Ansaloni esplode subito dopo l’udienza: “Ancora non abbiamo la certezza che saranno confermate: la sentenza è attesa per il 12 aprile ma posso dire che sia io sia mio zio, così come il mio legale, siamo rimasti basiti: nessuno di noi se l’aspettava, anche perché i due responsabili già godono dello sconto di pena garantito dal rito abbreviato. È una vergogna: io stesso in questo momento mi vergogno di essere italiano”, afferma il figlio della vittima, Simone Benati a il Giorno. A questo punto prende voce la rabbia di chi fa i conti con una giustizia strana: “Io lo definirei buonismo: tutti abbiamo figli e cerchiamo di educarli al meglio ma non è questa la strada giusta poiché quello che hanno fatto dimostra come di ‘basi educative’ non ne avessero. Abbiamo un bel da dire sul fatto che siano giovani e che non si meritino vent’anni in carcere… Eppure non si sono fatti molti scrupoli a rapinare una povera anziana; così come non ci hanno pensato due volte ad ammazzarla”. Parole di fuoco che descrivono bene lo sconforto di Benati. Infine sottoliena: “Una pena rieducativa ci può stare ma un ulteriore sconto, come in questo caso, non credo possa aiutarli. Si sono già fatti due anni; dunque Ayoub tra poco tempo sarà fuori. Ritengo che quella che chiamano rieducazione dovrebbe essere ferrea: un insegnamento a vivere nella giustizia, lavorando all’interno del carcere per poi meritarsi, eventualmente, una riduzione della pena per buona condotta”.