MEDICO DI FAMIGLIA, LE NUOVE REGOLE: “POSSIBILE REATO SE NON VIENE A CASA”

Dovrebbe ascoltare, curare, consigliare i pazienti. Utilizzo il condizionale perché questo è quello che un medico di famiglia, detto anche medico di base, dovrebbe fare.

Premettendo che ci sono ottimi professionisti, dediti al loro lavoro e sempre al servizio dei loro pazienti, diversi altri non sembrano affatto piacere alle famiglie italiane.

Tra le lamentele che, puntualmente, vengono alla ribalta, troviamo il fatto che si rifiuterebbero di venire a far visita a casa se il paziente è impossibilitato a muoversi, anche per via di una semplice febbre alta.

Altra lamentela: il fatto che non rispondono al telefono. Allora, ci si chiede, dove finisce il dovere di un medico e fino a che punto può essere chiamato, senza degenerare in disturbo?

La logica del buon senso invita a non essere pressanti, specie se si stanno effettuando visite in laboratorio ma, post pandemia, diverse cose sono cambiate. Vediamole insieme.

Il medico può identificare le cause

Un medico di base deve essere reperibile e presente in ambulatorio tutti i giorni feriali e in orario variabile. Generalmente quest’ultimo dipende dal numero di pazienti che il medico di famiglia ha. Per il weekend, la reperibilità è circoscritta alle 2 ore d’obbligo. E’ sempre consigliato prendere un appuntamento per sottoporsi a visita ambulatoriale ma il curante non può, ovviamente, rifiutarsi, di visitare un paziente che si è recato presso il suo studio per un problema serio e urgente. Ogni paziente, in caso di necessità o bisogno, può richiedere una visita domiciliare. Se non ci è urgenza, la visita domiciliare è a pagamento.

Per quanto riguarda gli orari della visita domiciliare, avvengono nella stessa giornata se la richiesta di visita viene fatta entro le 10, oppure entro le 12:00 del giorno successivo se la richiesta viene fatta dopo le 12. Tutto si complica, considerando che è il medico stesso a decidere se la sintomatologia è abbastanza grave da impedire al paziente di andare direttamente nello studio, magari facendo una valutazione basate sull’età o sullo stato di salute del paziente.

Se il medico valutasse in modo errato le nostre condizioni di salute, rischierebbe una sanzione disciplinare e commetterebbe reato. Il ministro della Salute Roberto Speranza ha lasciato in eredità a tutti i cittadini un prezioso decreto ministeriale. Mi riferisco al DM 77, di cui forse non tutti sono a conoscenza. Il provvedimento, entrato in vigore il 7 luglio 2022, chiede a tutte le regioni di dotarsi di un’organizzazione territoriale adeguata entro gennaio 2023.

In particolare, si punta sulla creazione delle cosiddette Case di comunità (Cdc), aperte 7 giorni su 7, 24 ore in servizio. A rotazione, al loro interno ci sono 30-35 medici di medicina generale e pediatri, tra i 7 e gli 11 infermieri, oltre ad altri specialisti tra cui psicologi e ginecologi per rispondere alle richieste di problemi di salute della cittadinanza.

Va precisato che, in caso di patologie acute o in caso di aggravamento delle malattie croniche, il paziente deve essere messo nelle condizioni di recarsi presso l’ospedale della comunità, in modo da poter avere l’assistenza che merita per problemi decisamente più severi. In termini molto più semplicistici, la Casa della Comunità rappresenta il fulcro della nuova rete territoriale, attorno alla quale orbitano equipe costituite da medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialisti, infermieri di famiglia e tutti gli altri professionisti coinvolti nel processo di cura.