M5S, scoppia la grana delle mancate restituzioni. Tra i morosi anche il ministro Fioramonti

Telefonate di fuoco e chat roventi. La mattinata dei parlamentari M5S, a poche ore dall’appuntamento di Italia 5 Stelle, comincia così. A scaldare gli animi è un articolo del Messaggero in cui si parla di una stretta dei vertici grillini sui morosi. Quegli onorevoli, per intenderci, cui è scattato il braccino corto e che di conseguenza non versano più parte della loro indennità, infrangendo la regola aurea del MoVimento. E sono tanti, tantissimi. Addirittura 42, di cui 33 alla Camera e 9 al Senato, che da gennaio scorso “dimenticano” di versare il dovuto. La conferma arriva dal sito tirendiconto.it. Tra i morosi anche il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti. Ma un volto noto è anche quello di Carla Ruocco, ferma coi versamenti a febbraio.

Secondo il sito tirendiconto.it i morosi sono 42
Fa invece storia a sé il senatore Alfonso Ciampolillo: il suo ultimo versamento risale a giugno 2018. I morosi, però, si difendono attaccando l’associazione Rousseau, la cui gestione è giudicata «poco trasparente». Ma anche il comitato rimborsi che gestisce le restituzioni. L’organismo è presieduto da Luigi Di Maio, e annovera Stefano Patuanelli e Francesco D’Uva. È il comitato ad aver stabilito che i fondi eventualmente sopravvissuti alla vita dell’organo dovranno essere devoluti alla Rousseau. Una decisione che fa storcere il naso a molti. Già, che fine farebbero i soldi versati e non spesi in caso di morte anticipata della legislatura?

Di Maio preoccupato per la tenuta dei gruppi
Altro elemento di frizione sono gli oltre 3,6 milioni di residuo da restituire e ad oggi fermo in cassa. C’è chi chiede che i saldi non restino a lungo sul conto del comitato e chi controbatte di averlo già chiesto in passato a D’Uva, ma invano. Allo stato l’unico punto unificante è la volontà di punire i voltagabbana. Contro di loro si adiranno le vie legali. Smentite, invece, le voci di pignoramento per i ritardatari. Per il vicecapogruppo alla Camera Francesco Silvestri, «non stanno né in cielo né in terra». A preoccupare Di Maio è che il nervosismo finisca per condizionare la già tormentata elezione dei capigruppo di Camera e Senato. Nel frattempo, tiene banco il caso Ciampolillo: «Se non versa lui da più di un anno, perché mai dovrei tagliarmi lo stipendio io?», si chiedono in molti. Ma i numeri della maggioranza al Senato ballano e anche questo frena i “cartellini rossi” che un tempo sarebbero arrivati in un lampo.