L’ultimatum di Conte a Salvini e Di Maio: ​”Basta provocazioni o mi dimetto”

Mentre all’interno della stessa maggioranza in tanti si interrogano sul futuro e la durata dell’esecutivo, Giuseppe Conte prova a serrare le fila per rinsaldare il patto tra Lega e Movimento 5 Stelle.

E così, prima dell’ennesimo vertice sul decreto “Sblocca cantieri”, tiene una conferenza stampa a un anno dalla nascita di quello che lui stesso ancora oggi continua a definire “governo del cambiamento”. Un discorso “agli italiani” che, almeno nel suo intento serve a “fare chiarezza”. “Non ho mai giurato altra fedeltà all’infuori di quello ala nazione, un giuramento che è stato e sarà sempre il faro del mio ruolo”, mette in chiaro il premier invitando i due alleati a smettarla con “i proclami da campagna elettorale” e ad andare avanti a segnire il contratto. “Altrimenti – avverte – io rimetto il mio mandato”.

A chiedergli una presa di posizione netta, dopo la batosta alle elezioni europee, sono stati i pentastellati che non sopportano più il “dilagare” di Matteo Salvini. Dopo mesi di liti, colpi bassi e continue crisi che hanno esposto il governo a rischi senza precedenti, Conte torna ad alzare la voce minacciando che, se non dovesse cambiare il modo di lavorare, è pronto a rimettere il proprio mandato nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Lo fa ricordando ai due alleati di governo che “leale collaborazione significa che ciascun ministro si concentra sul proprio senza prevaricare” e che “se si hanno questioni politiche da sollevare non si lanciano segnali ambigui sui giornali, ma se ne parla innanzitutto con il presidente del Consiglio”. Una ramanzina netta che molto probabilmente non servirà a placare le incuriosi di entrambi i partiti. “Chiedo a entrambe le forze politiche, di operare una chiara scelta e di dirmi, dirci se hanno intenzione di osservare ancora il contratto di governo ovvero se preferiscono riconsiderare questa decisione”. Ed è sventolando quel pezzo di carta firmato ormai un anno fa, dopo un estenuante braccio di ferro, che spera di riuscire a riportare la calma in un esecutivo ormai incapace di trovare la sintesi su nessuno dei dossier più importanti.