L’ultima trovata del governo: un’authority per i migranti

Nonostante che ultimi anni abbia perso smalto, il Partito democratico ha continuato a dimostrare una notevole efficacia quando si è trattato di ideare tecniche salvavita e metterle in pratica.

E adesso i vertici del Pd sanno bene che tra qualche mese si potrebbero ritrovare di fronte alla prova di elezioni politiche che rischiano di essere rovinose e di privarli di altre quote significative di consensi. Accaparrarsi qualche poltrona in più allora, e di durata pluriennale, potrebbe essere funzionale a garantire i propri supporter. Soprattutto quelli che operano nell’ambito dell’accoglienza ai migranti.

Ed ecco allora che prende forma la tentazione di dare vita a un’authority per l’immigrazione: un commissario, due sub commissari e segreterie accluse che, senza depotenziare il ruolo del ministro dell’Interno, si occuperebbero della supervisione sulla gestione dei migranti nelle singole realtà locali e andrebbero a colloquiare di rimpatri in Africa e di ricollocamenti in Europa.

All’interno del centrosinistra poi, questo sogno nel cassetto dei Dem potrebbe ricucire almeno in parte i rapporti con Matteo Renzi affidando a uno dei suoi una poltrona da sub commissario. Un’altra invece spetterebbe senz’altro a Leu poco favorito dal governo Conte due.

Inoltre i vertici dell’authority per l’immigrazione, come quelli di qualsivoglia altra realtà similare di Stato, avrebbero una durata pluriennale – almeno 3 anni – che garantirebbe a enti benefici, cooperative e onlus che schiacciano l’occhio a sinistra, di mantenere in piedi buona parte dei loro affari. Sui tempi di attuazione però non si sa granché: potrebbe essere subito dopo l’approvazione della legge di Bilancio o addirittura con qualche emendamento cucito ad arte all’interno dello stesso dispositivo che un tempo si chiamava Finanziaria. In ogni caso quel disegno dev’essere assolutamente realizzato prima delle elezioni che per il Pd rischiano di trasformarsi nel baratro.

È vero che il ministro Luciana Lamorgese proprio qualche giorno fa ha ribadito esplicitamente che non esiste – anche data la stagione – alcuna emergenza sbarchi. Comunque, i commissari si andrebbero ad occupare di un indotto funzionale al sistema di gestione degli immigrati che rimarrebbe come valore aggiunto al Pd anche in caso di elezioni anticipate a primavera prossima. E soprattutto per la gestione dei centri di accoglienza in Emilia e Calabria dove la capitolazione a fine gennaio con le elezioni regionali è assai probabile.

Mentre il Partito democratico studia come ritagliarsi nuove poltrone per cercare di gestire le pratiche degli ultimi stranieri sbarcati, ci pensa il ministro dell’Interno a potenziare il coordinamento dei nuovi arrivati. È stata avviata la ricerca di 20 nuovi funzionari, da ingaggiare con contratto biennale, che dovrebbero servire ad abbreviare i tempi di attesa per la concessione del diritto all’asilo, il controllo nel Paese di provenienza e i legami con familiari e congiunti in Italia. Impegno di spesa calcolato in 43mila euro l’anno di stipendio e un ulteriore costo di 1.717.760.

È vero che si parla da tempo di ritoccare il Regolamento di Dublino sui richiedenti asilo e il loro diritto a stazionare nello Stato dove sono sbarcati fino alla definizione del provvedimento ma nell’Unione europea, a oggi, non c’è modo di mettere d’accodo tutti gli Stati membri per passare dalle parole ai fatti e trovare una nuova chiave di lettura ai ricollocamenti. Per cui l’Italia, terra di sbarco privilegiata si fa per dire ha dovuto correre ai ripari e incrementare la cosiddetta Unità Dublino, deputata a vagliare le richieste di asilo e potenziare gli organici degli uffici coinvolti nella gestione dei flussi migratori e del sistema di accoglienza.