Lo schiaffo agli italiani uccisi: ​ridono dopo condanna a morte

Il ghigno dopo la condanna. I sette jihadisti condannati per la strage di Dacca del 2016 se la ridono dopo la condanna a morte arrivata ieri.

La sentenza a quanto pare non li ha intimoriti, anzi le “bestie” che hanno torturato, interrogato, chiesto il Corano a nove nostri connazionali per poi ucciderli in modo barbaro non mostrano segno di pentimento davanti ad una condanna alla pena capitale. Quella foto che li mostrano sorridenti hanno il sapore della beffa per i familiari delle vittime. Non si può ridere davanti alla morte atroce di quegli italiani che hanno conosciuto un dolore indicibile prima di morire.

E come sottolinea Magdi Cristiano Allam sulla sua pagina Facebook, probabilmente questi jihadisti col sorriso stampato sul viso ghignano perché credono nel Corano che consegna il Paradiso a chi uccide nel nome di Allah. Di fatto però la condanna non ha certo restituito ai familiari delle vittime serenità. C’è chi sostiene che saranno perse altre vite come afferma all’Adnkronos Fabio Tondat, fratello di Marco, imprenditore 39enne di Cordovado rimasto ucciso: “Oggi se in un certo senso si può chiudere una fase, per me è comunque una giornata triste, perché dopo quello che è successo quella notte a Dacca, in seguito alle indagini e in base alle leggi in vigore in quel paese, altre vite andranno perse. Al di là quanto possano aver commesso, una condanna a morte significa comunque la morte di una persona”.

E ancora: “Di fronte a questa sentenza – ha riferito Fabio Tondat – c’è un po’ di tristezza, perché non ci restituisce i nostri cari e quindi cambia poco: resta l’amarezza per altre morti”. C’è anche chi ha cercato di mettersi alle spalle il rancore e il dolore già qualche tempo fa: “Cosa provo? Io sono un sacerdote, sto cercando di capire anche io. Sto in un silenzio per cercare di capire tutto – dichiara ad Adnkronos Don Luca Monti, parroco di Santa Lucia di Serino, in provincia di Avellino, fratello di una delle vittime – L’odio è stata una soluzione scartata tre anni fa, appena ho saputo che Simona era tra le vittime, oggi confermo le stesse cose che dissi allora. Da essere umano sono contento che la giustizia faccia il suo corso anche in un Paese non occidentale e con le sue lentezze. Per il resto preferisco pregare”. Infine c’è chi non si consola con quella condanna a morte: “Per la mia famiglia non è una consolazione sapere che subiranno la pena capitale”, afferma ad Aki-Adnkronos International Graziella Riboli, una delle sorelle delle vittime. Quello che a noi resta è il suo ricordo, il suo sorriso ed il suo impegno per il bene comune”, dichiara annunciando che il 18 dicembre a Bergamo si terrà la cerimonia della terza edizione del Premio nazionale Maria Riboli dedicato alle scuole di moda. “Abbiamo fortemente voluto ricordarla così”, conclude. Ma di certo in questa storia così triste e dolorosa di fatto si aggiunge quella risata e quel volto fiero di chi sa di aver ucciso con inaudita crudeltà.