Lo scandalo della coop rossa: chiede i soldi ai lavoratori per risanare i debiti

 

Ha fatto 100 milioni di euro di debiti di cui 14 con lo Stato italiano e adesso, la cooperativa rossa chiede i soldi ai lavoratori per risanare il buco.

È questa la decisione che i vertici dell’azienda hanno preso per il percorso di risanamento di Cft, cooperativa storica fiorentina che si occupa di logistica per la grande distribuzione grazie ad una catena di montaggio che conta più di 2100 soci-lavoratori. Un colosso da 142 milioni di fatturato nel 2017 che ora rischia di crollare per colpa dei debiti. A centinaia di semplici lavoratori è stato chiesto di ridare la quota sociale da 10mila euro per mettere una toppa alla grave crisi economica. Interpellati persino alcuni pensionati, ex operai dell’azienda ai quali è stata chiesta, a distanza di anni, la differenza delle tasse pagate dalla coop.

“Ci ho rimesso circa 6mila e passa euro”, ammette con cautela dal finestrino della sua auto aziendale un lavoratore con cui siamo riusciti a parlare prima che la sbarra della sede di Cft si aprisse per fargli iniziare il suo turno di lavoro. “Per cominciare a lavorare qui ho sottoscritto un capitale che è, in fondo, un capitale di rischio e io adesso l’ho perso e non ci posso fare niente – continua – noi come lavoratori abbiamo chiesto all’assemblea che chi ha fatto i danni si prenda le proprie responsabilità”.

Una dirigenza che per anni ha gestito male le risorse e che oggi riversa le proprie colpe su chi, per portare a casa uno stipendio, ha dovuto investire su un qualcosa da cui però non ha mai guadagnato niente se non una paga modesta, spesso persino inferiore alle retribuzioni dei dipendenti delle normali aziende.

“Per anni hanno piazzato gli amici degli amici della sinistra in ruoli dirigenziali – commenta Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia che presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere al Governo di intervenire sulla questione – hanno sprecato il denaro che doveva servire per far crescere la cooperativa e oggi i lavoratori si ritrovano, magari anche dopo non essere stati pagati per mesi, a dover restituire dei soldi”.

A mettere mano sui bilanci per riuscire a fare chiarezza su come l’impresa sia riuscita a bruciare un capitale in pochi anni è stata nominata Legacoop. Una farsa per Donzelli: “Praticamente è come mandare il controllato a fare il controllore”. L’unica soluzione per il deputato di Fratelli d’Italia è che vengano inviati, con urgenza, gli ispettori, che, in base alle leggi sulle cooperative, possono commissariare la Cft e prendere in mano la situazione.

Intanto, dai “piani alti” un silenzio di tomba. Inutili i tentativi per provare ad intercettare il presidente dell’azienda che non rilascia dichiarazioni. Tanti ancora, i punti interrogativi su come la dirigenza stia affrontando la situazione e i lavoratori fanno fatica a parlare. Nel piazzale che accoglie i camionisti intenti nel carico e scarico merci molti di loro negano di aver mai sentito parlare di questa storia.

“È la prima volta che sento questa questione dei soldi chiesti ai lavoratori”, ci dice indeciso un signore sulla cinquantina alla guida di un camion Cft. Sulla stessa scia, i colleghi, che smentiscono le informazioni ormai confermate da tempo e rilanciate dai quotidiani locali che per mesi hanno riportato le decisioni prese dai tavoli di crisi.

Dalla segreteria amministrativa, tramite la quale noi de IlGiornale.it abbiamo cercato di intercettare il presidente Roberto Bartolini, la conferma della paura dilagante dei dipendenti di testimoniare cosa stiano vivendo. “Io non posso parlare di questo e non me la sento di rispondere alle vostre domande”, ammette la segretaria dopo averci informati che il presidente non si trovava in sede. Poi, alla richiesta di confermarci se davvero i lavoratori-soci stessero lavorando a gratis, la ragazza ha messo giù la cornetta. Il timore che una parola in più possa costare cara è evidente.

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