La sinistra si “scorda” una norma. E regala 1,6 milioni ai nomadi

 

Se ci si mette a conteggiare gli anni, i mesi, i giorni e i soldi mai stati incassati vengono le vertigini. Dal 1989 ad oggi, si stima almeno un milione e seicentoquarantadue mila euro.

Esatto, circa 1,6 milioni di canone che i nomadi avrebbero dovuto versare nelle casse del Comune di Ferrara e di cui invece non se n’è mai vista l’ombra.

Questa assurda storia inizia il 16 novembre di trenta anni fa. Al governo della città emiliana c’era Roberto Soffriti, allora esponente del Partito Comunista Italiano (poi Pds). Negli anni ’80, all’ombra del castello estense non esistevano aree di sosta autorizzate per i nomadi, che vivevano sparpagliati in alcune zone della città. “Versavano in una situazione di estremo disagio”, raccontano i volontari di quegli anni, “con un alto tasso di analfabetismo e in condizioni igieniche precarie”. L’amministrazione rossa decise allora di individuare in via delle Bonifiche un’area dove farli abitare e “favorire l’integrazione”.

Fin qui, nulla di strano. È storia. Il seguito però è curioso. Il Consiglio Comunale dell’epoca approvò un “Regolamento” molto chiaro. All’articolo 3 stabiliva che l’autorizzazione alla sosta era consentita “previo pagamento anticipato di un canone giornaliero per l’uso dei servizi (consumo acqua, energia elettrica, raccolta rifiuti) e versamento di una cauzione su cui rivalersi in caso di danni alle strutture del campo o di debiti non assolti”. I consiglieri assegnarono alla giunta il compito di emanare un provvedimento che determinasse “quanto” e “come” i nomadi dovessero versare l’obolo. Ma per 29 anni nessuno c’ha pensato. Una dimenticanza? Forse. Fatto sta che la svista ha prodotto un danno non indifferente per le casse comunali.

La determinazione del canone è arrivata solo a novembre dell’anno scorso, pochi mesi prima che il centrosinistra perdesse rovinosamente le elezioni comunali. Il Pd decise di chiedere ai Sinti (cittadini italiani) 10 euro al giorno per ogni nucleo familiare. Più il 50% del canone da versare per la cauzione (5 euro). L’obiettivo era quello di recuperare i crediti verso chi ha alloggiato nel campo a spese dell’amministrazione. Considerato il termine di prescrizione dei debiti, si era deciso risalire fino al 2008. Quindi dieci anni di arretrati: se si considera una media di 10 famiglie nomadi, il conto si aggira intorno a 547mila euro. Sui venti anni precedenti, però, non si può fare più nulla. Sono debiti estinti. Calcolatrice alla mano, il conto dal 1989 al 2008 sarebbe stato di altri 1.095.000 euro. In totale si arriva ai sopra citati 1,6 milioni di euro. Un’enormità.

“Qualcuno dovrà pagare per questo”, si inalbera Nicola Lodi, attuale vicesindaco leghista. La nuova giunta ha presentato un esposto alla Corte dei Conti per verificare se vi siano stati “danni erariali per i mancati versamenti e per il ritardo con cui la delibera è stata formulata”. Se le giunte di sinistra avessero stabilito già nel 1989 il canone, i nomadi avrebbero dovuto pagare. Ma così non è stato. Senza contare che nel frattempo, oltre a non aver incassato nulla, il Comune ha pure speso per mantenere l’alloggio dei nomadi. Dal 2008 a oggi, per l’energia elettrica sono sfumati 391mila euro; altri 94mila euro per l’acqua; ulteriori 178mila per lavori vari di manutenzione (che peraltro spettava ai nomadi) e esborsi consistenti per progetti di integrazione (114mila solo a una associazione). La fattura è da capogiro.

Oggi il campo nomadi non esiste più. Le ruspe “guidate” da Lodi si sono abbattute sulle baracche fatiscenti (leggi qui). “Abbiamo trovato una condizione igienica indecente”, racconta il vicesindaco. Bagni intasati dalle feci, scarichi che ristagnavano vicino alle case, bambini costretti a giocare tra i rifiuti (guarda qui). Prima dell’abbattimento i nomadi sono stati trasferiti altrove (leggi qui). Al comune è costato 10mila euro circa di lavori, più 2.800 al mese di contributi per le associazioni che ne ospitano alcuni. Un’inezia rispetto al passato (circa 8mila al mese). Le utenze (acqua, luce, gas) sono già state intestate ai singoli capi-famiglia, che devono pure pagare l’affitto. Il progetto durerà sei mesi: se i nomadi si adegueranno alle regole, bene. Altrimenti arriverà lo sfratto. “La sinistra ci attacca”, conclude Lodi, “ma noi abbiamo trovato una soluzione in soli due mesi. Loro invece li hanno mantenuti per anni a spese dei ferraresi, lasciando proliferare un campo ai limiti dei diritti umani”.

ilgiornale.it