La guerra interna in Vaticano: così hanno fatto fuori Becciu

Cè stato un momento preciso in cui il Vaticano e gli scandali hanno iniziato a camminare insieme. Era la fine del primo decennio del nuovo millennio e Joseph Ratzinger aveva palesato l’intenzione di riformare lo Ior, la cosiddetta “banca vaticana”.

Poi la “pace” avrebbe smesso di dimorare tra le mura leonine. Il primo Vatileaks è del settembre del 2012. Il secondo della fine del 2015. Il resto è cronaca dei nostri tempi. I regni di Benedetto XVI e papa Francesco sono diversi per toni e contenuti della pastorale, ma qualche costante c’è. Una di queste è rappresentata dalla battaglia per la trasparenza.

Il caso della “cacciata” del cardinal Becciu è solo l’ultima punta dell’iceberg. Anzi, è possibile che di “cacciate” si parli ancora. Perché Jorge Mario Bergoglio non ammette errori. Il pontefice, quando è emerso lo scandalo legato all’Obolo di San Pietro, si è detto soddisfatto, perché la “pentola” era stata scoperchiata dall’interno. Questa volta senza “ausilio” dei giornalisti o di altri fattori esterni. Tra gli addetti ai lavori c’è chi individua un “tappo” curiale. Una forma di resistenza nei confronti della spinta riformistica di Benedetto XVI prima e di Francesco poi. C’è pure chi, al contrario, pensa che il Papa regnante non abbia proseguito nell’opera di Ratzinger. L’ex arcivescovo di Buenos Aires, insieme ad un consiglio ristretto di cardinali, sta lavorando alla riforma della Curia di Roma, con la nuova Costituzione apostolica: quello, con buone probabilità, sarà il banco di prova in grado di fornire elementi sul cambio di passo in Santa Sede.

C’è un fil rouge che collega tutto quello che avviene in termini di scandali nelle mura leonine? Molto difficile rispondere. In linea di principio, ogni vicenda risponde per sé. Cosa c’entra, del resto, il caso del maggiordomo Paolo Gabriele con le accuse di peculato che sarebbero state mosse nei confronti dell’ex sostituto della segreteria di Stato? Niente. Il problema del “tappo”, però, è invariato, e gli scandali fanno spesso capolino dalle parti di piazza da San Pietro. Anche durante la “rivoluzione” del primo Papa gesuita della storia della Chiesa cattolica. Dal caso del cardinale George Pell, prima accusato di abusi e poi del tutto scagionato, a quello McCarrick, che si è da poco riaperto per via di un presunto “schema predatorio”: di terremoti interni ai palazzi ne sono stati avvertiti parecchi. La “battaglia per la trasparenza”, sì, ma anche quella per promuovere la linea della “tolleranza zero” in materia di abusi: gli ultimi due pontefici sono accomunati anche da quest’altro combattimento.

Proprio il cardinale Pell, in queste ore, ha plaudito al pontefice argentino per la scelta su Becciu. E dagli antichi piani di Pell dipenderebbe pure il nuovo codice unico per i contratti e gli appalti del Vaticano. Un cardinale conservatore ed ex prefetto della Segreteria dell’Economia, simbolo per i tradizionalisti della resistenza a certi pregiudizi della giustizia, uscito dal carcere australiano dopo 13 mesi: Pell è uno dei volti delle cronache vaticane dell’ultimo ventennio. Una figura diversa da quella di McCarrick, prima “scardinalato” e poi invitato ad una vita di preghiera e penitenza lontano dal potere curiale. Perché rispetto a quel caso le accuse di abusi sono state ritenute credibili. “Scandalo”, prescindendo dai vari esiti processuali, è una parola che accompagna le cronache sulla Santa Sede con stabilità.

Tutto, dicevamo, è iniziato con il tentativo di Ratzinger di riformare lo Ior. Lo ha notato pure La Nazione. Poi è arrivato un tuono mai visto nell’epoca contemporanea: la rinuncia di un Papa per l’età che avanza, con la conseguente creazione dell’istituto del pontefice emerito. Vicissitudini impronosticabili, storia alla mano. L’elezione di Bergoglio, nei piani dei cardinali, avrebbe dovuto rasserenare il clima, con la spinta diretta ad una riforma non più rimandabile. Ma in questi sette anni le pentole scoperchiate dall’interno o meno hanno comunque segnalato la presenza di qualcosa da scoperchiare. Se davvero esiste un “tappo” in Vaticano è bello spesso.