Kenya, Coca cola e birra ai neonati per farli morire perché l’aborto è illegale

Impossibilitate a interrompere la loro gravidanza legalmente, sarebbero ricorse all’utilizzo di Coca cola e altre bevande gassate per far morire i loro figli neonati.

Accade in Kenya, dove alcuni attivisti per i diritti umani hanno denunciato il fatto che vede al centro diverse madri, che sarebbero costrette a ricorrere a questi metodi perché prive di certificati legali di aborto. Secondo quanto riportato da Il Messaggero, il Paese africano sarebbe al centro di una vera e propria “crisi di infanticidio”, anche a causa dello stato di povertà in cui versano queste donne, a cui risulterebbe impossibile riuscire a mantenere altri bambini.

Le interruzioni clandestine
Così, in alcuni casi le madri utilizzerebbero la celebre bibita americana, birra allo zenzero o altre bevande al posto del latte materno. Secondo quanto riportato dal quotidiano, un numerosi bambini sarebbero stati abbandonati in fin di vita in discariche o vicino ad alcuni fiumi. Chi, invece, può permettersi un ricovero, ricorre alle cliniche abusive, ma le procedure al loro interno comportano conseguenze devastanti o mortali per la madri. Gli aborti, in Kenya, infatti, sono tra le principali cause di mortalità materna nel Paese, secondo le statistiche e anche se i numeri degli infanticidi sembrerebbero alti, i dati non sono stati ufficializzati e non si conosce il numero certo.

La Coca cola ai neonati
In base a quanto riportato da Vincent Odhiambo, attivista per i diritti umani, diverse donne non sono in grado di avere o di mantenere una famiglia. “È noto che se dai a un bambini di pochi giorni Coca cola morirà”, avrebbe spiegato lui. A febbraio, al Kibera Community Justice Center, dove lavora l’attivista, è arrivata la notizia di una donna che riferiva di aver visto il suo vicino di casa dare una dose fatale di birra allo zenzero e altre bevande alla figlia appena nata.

Diverse testimonianze
Le testimonianze di casi simili sarebbero continue. Wilson Cheptoo, un selezionatore di rifiuti, ha dichiarato di aver rinvenuto almeno 15 morti all’anno nella discarica in cui lavora. E lo stesso, avrebbe spiegato lui, sarebbe successo ad altri suoi colleghi. Secondo quanto riportato dal quotidiano, nel corso di una sola settimana, a maggio, i cadaveri di altri otto neonati sarebbero stati estratti dal fiume Nairobi (pieno di immondizia).

L’aborto in Kenya
L’interruzione di gravidanza, nel Paese africano, è legale solo quando la salute della madre è in pericolo. Esiste anche una pena detentiva di 14 anni per chiunque lo pratichi in maniera clandestina e, quindi, non autorizzata. Proprio nel 2014, un’infermiera era stata condannata a morte dopo essere stata giudicata colpevole di aver fatto abortire una donna, morta per dissanguamento poco dopo. La gran parte dei medici, quindi, non è disposta a correre questo rischio, anche a causa di pressioni religiose e politiche. Secondo i dati, fino a 350mila donne in Kenya rischiano di avere un aborto non sicuro e, di conseguenza, circa 21mila sono ricoverate in ospedale.

 

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