Il virus entra in carcere: in dieci sono positivi. Il governo pronto a liberare 12mila detenuti

Non sono bastate la soppressione dei colloqui con i familiari, le udienze a distanza, il blocco dei trasferimenti: il coronavirus è riuscito ugualmente a scavalcare le mura di cinta ed entrare all’interno delle carceri.

Il primo detenuto contagiato di cui ieri arriva la notizia è, paradossalmente, l’ospite di un carcere di alta sicurezza, il penitenziario di Voghera che ospita soprattutto detenuti del circuito AS3, riservato ai capi del crimine organizzato e del narcotraffico. É qui che ieri pomeriggio trova conferma la notizia secondo cui un detenuto è risultato positivo al Covid-19. L’uomo, di cui non sono state fornite le generalità, avrebbe mostrato i primi sintomi nella giornata precedente, è stato sottoposto a tampone ed è risultato positivo. Viste le sue condizioni di salute è stato trasportato in ospedale mentre all’interno del carcere scattava il piano di emergenza. Tutto il reparto dove era rinchiuso l’uomo è stato isolato.

In serata il ministero conferma la notizia del contagio a Voghera e rende noto che già nei giorni scorsi erano arrivate conferme analoghe in altri nove casi, che non erano stati resi noti verosimilmente per non allarmare gli altri carcerati, che della paura del coronavirus avevano fatto la parola d’ordine della rivolte della settimana scorsa. Secondo il Dap, due dei contagiati sono rimasti in isolamento in celle speciali, avendo sintomi lievi. Gli altri nove, come nel caso di Voghera, hanno dovuto essere portati in ospedale. Il ministero non comunica di quali carceri si tratti (uno dovrebbe essere Lecce) per non aumentare la psicosi da contagio, soprattutto nei carceri sovraffollati dove l’epidemia sarebbe difficilmente contenibile. Per questo nel decreto «SalvaItalia» in corso di approvazione, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha fatto inserire come misura eccezionale per ridurre la popolazione carceraria il diritto di essere trasferiti agli arresti domiciliari per tutti i detenuti con meno di diciotto mesi da scontare, escludendo chi abbia commesso reati di particolare allarme o abbia partecipato alle rivolte dei giorni scorsi. É una misura invocata da più parti, ma che non fa i conti con alcuni problemi di ordine pratico: a beneficiarne saranno solo i detenuti con condanna definitiva e non quelli in attesa di giudizio (che spesso, come a San Vittore, sono la maggioranza); i braccialetti elettronici previsti dal decreto come misura di controllo sono da tempo esauriti; la magistratura di sorveglianza – che dovrebbe emettere il provvedimento – non è in grado di affrontare migliaia e migliaia di richieste (i detenuti che potrebbero uscire sono, secondo una stima, oltre dodicimila).

Ma più che per le difficoltà pratiche di attuazione, il provvedimento viene attaccato dalle opposizioni perché considerato un cedimento alle violente rivolte dei giorni scorsi: e il leader leghista Matteo Salvini parla di «indulto mascherato».