Il “regalino” per Davigo. Bonafede cambia la legge sulle pensioni delle toghe

Il tempo di andare in vacanza, di tornare per un mese nella trincea del Csm, e poi tutto sarebbe finito: il prossimo 20 ottobre, inesorabile, il calendario avrebbe costretto Piercamillo Davigo a festeggiare il settantesimo compleanno.

Una festa triste. Perché dalla mezzanotte il giudice Davigo sarebbe tornato a essere il cittadino Davigo. In pensione, dopo quarantadue anni di toga. Colpa della legge voluta ai suoi tempi da Matteo Renzi, che abbassò da 72 a settant’anni il limite di età per i magistrati.

E invece no. Sottovoce, da mesi, ha iniziato a muoversi la corrente di chi voleva rialzare a settantadue anni la fatidica asticella. Non una legge ad personam per il solo Davigo, ovviamente. Ma è un dato di fatto che il pensionamento più illustre ad approssimarsi era quello dell’ex «dottor Sottile» del pool Mani Pulite. Intorno al partito salva-Davigo hanno iniziato ad accumularsi consensi. Ed ora, a quanto pare, ci siamo. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha deciso: si torna al passato, la pensione obbligatoria viene spostata due anni in là. Come questo avverrà ancora non è chiaro, c’è chi dice che il testo della norma è ancora in stesura, qualcuno dice di averlo già visto. Ma la notizia è certa. Fino al 2022 l’Italia potrà contare sulla presenza attiva di Davigo e sui suoi inarrivabili e divisi aforismi: come il più recente, quello di appena pochi giorni fa, in cui ha spiegato che «l’errore italiano è dire aspettiamo le sentenze».

Il sospiro di sollievo riguarda, insieme a Davigo, una nutrita pattuglia di magistrati alla testa di uffici importanti che vedevano avvicinarsi a grandi passi la data dell’addio. La presidente della Corte d’appello di Milano, Marina Tavassi, avrebbe staccato in agosto, e la sua poltrona è già stata messa a concorso del Csm. In Parlamento per salvare dalla pensione i magistrati di riferimento, si erano già mossi diversi partiti: sia Fratelli d’Italia che il Pd avevano presentato emendamenti ai decreti sul coronavirus per rialzare l’età, e se li erano visti dichiarare inammissibili. Ora invece si muove il ministro: con la motivazione ufficiale di non impoverire gli organici della magistratura, la riforma Renzi verrà revocata.

Chi ha avuto modo di leggere il testo, racconta che contiene un dettaglio interessante: tutti i magistrati andati in pensione nell’ultimo anno potranno tornare alla poltrona che avevano occupato fino al settantesimo compleanno, a meno che non sia stata occupata nel frattempo. Non potrà tornare al suo posto Giuseppe Pignatone, il procuratore di Roma, perché il Csm – seppur soffertamente – ha già scelto il suo erede. Ma altri magistrati che già si stavano rassegnando a intrattenere i nipotini potranno materializzarsi nuovamente in procure e tribunali: «Rieccomi».

Davigo, a dire il vero, aveva già manifestato la sua intenzione di restare al suo posto in Csm anche dopo la pensione: ma che questo fosse legalmente possibile era tutto da vedere. Ora invece Bonafede risolve il problema alla radice. È appena il caso di ricordare che la ciambella di salvataggio viene lanciata dal ministro poco dopo che Davigo lo ha aiutato nello scontro frontale con Nino Di Matteo, anche lui membro del Csm e oltretutto della stessa corrente di Davigo. Ma il dottor Sottile in Csm ha liquidato come un «diverbio» lo scontro tra ministro e Di Matteo. Sono cortesie che non si dimenticano.