Il paradosso di Stato: all’italiano ucciso 21mila euro, ai ladri rom feriti 135mila
Bisognerà fare la tara. Sono diverse le situazioni, gli anni, le circostanze. Eppure mettere a confronto le due vicende fa emergere tutti i paradossi italiani. Due casi: Ermes Mattielli da una parte, David Raggi dall’altra.
In apparenza sono due sconosciuti che non hanno nulla da condividere, se non la sfortuna di finire sulle prime pagine dei giornali. Ermes, anziano robivecchi di Arsiero, sparò a due ladri rom che erano entrati nella sua azienda. David, invece, è stato ammazzato senza un perché in strada da un clandestino che non sarebbe dovuto essere lì.
Il paradosso sta nel seguito delle due vicende. Il robivecchi veneto, dopo anni di calvario giudiziario, venne condannato a cinque anni e quattro mesi per duplice tentato omicidio dei malviventi rom. Per il giudice non ci fu legittima difesa. Ermes finì col dover risarcire anche i banditi con 135mila euro di provvisionale. Lui, la vittima di un furto, costretto a versare i risparmi di una vita a chi voleva togliergli tutto. Per il timore che gli pignorassero la casa, alla fine Ermes morì di crepacuore. I suoi beni, dopo la rinuncia dei parenti, sono finiti allo Stato che avrebbe dovuto provvedere a risarcire i nomadi secondo la legge. Togliendo così da morto a Mattielli quello che non erano riusciti a rubargli in vita.
Centotrentacinquemila euro non sono pochi. Soprattutto per un robivecchi. Peraltro i due rom sono vivi e vegeti: dopo le ferite riportate, uno dei due è pure tornato a delinquere. Bene. Tenete a mente tutti questi dettagli e volate con la mente a Terni. Nello stesso anno in cui Mattielli veniva condannato al carcere, nella cittadina umbra Amine Aassoul, 30 anni marocchino e clandestino, era libero di girare in strada, incrociare David Rossi e sgozzarlo senza motivo.
L’assassino è stato condannato a 30 anni: la giustizia – almeno stavolta – ha fatto il suo corso. Solo che i genitori del giovane 27enne avrebbero voluto un risarcimento per quell’omicidio ingiusto. Lo chiesero allo Stato, domandando 2 milioni di euro da devolvere in beneficenza. L’Italia negò l’indennizzo, perché David era troppo “ricco”, visto che guadagnava circa 13mila euro all’anno e il redditto massimo per accedere al fondo è di 11mila. La famiglia decise allora di portare in Tribunale il ministero dell’Interno e quello della Giustizia: l’assassino era già stato espulso dall’Italia, aveva da scontare diversi anni di carcere e “non doveva essere lì”. Dopo il rimpatrio era tornato su un barcone, aveva chiesto asilo, gli era stato negato e lui aveva pure fatto ricorso contro il diniego. In attesa del verdetto del giudice, ha tolto la vita a David.
Dopo quattro anni, il Tribunale civile di Roma ha decretato che Aassoul era “convivente con la madre” cittadina italiana e quindi non poteva essere espulso. Lo Stato insomma non ha colpe per l’omicidio. I Raggi dovranno accontentarsi di un risarcimento minimo, appena 21mila euro. Da dividere in tre (mamma, papà e fratello).
I soldi non fanno la felicità, certo. E non possono neppure far risorgere i morti. Ma l’indennizzo per l’assassinio di David avrebbero aiutato qualcuno, magari la ricerca. Solo che per lo Stato, a quanto pare, due ladri rom feriti mentre svaligiavano un’azienda meritano più denari di un giovane italiano sgozzato con un collo di bottiglia.
Sarà la legge, per carità. I giudici avranno applicato le norme. Ma allora c’è qualcosa che non funziona nel codice. Inutile girarci attorno. Di casi simili a quello di Ermes infatti se ne contano a bizzeffe. Qualche esempio? Ha dovuto sottostare all’ingiustizia di Stato Enrico Balducci, benzinaio di Bari, cui hanno posto sotto sequestro 170mila euro a fronte di un milione richiesto dalla famiglia del rapinatore. Sulla stessa barca anche Franco Birolo, tabaccaio padovano, condannato in primo grado a ridare 325mila euro ai parenti di un bandito moldavo (sentenza rivista in Appello, ma non ancora definitiva). Poi ci sono Mirco Basconi, Mauro Pelella, Marco Dogvan, Antonio Monella. E chissà quanti altri, in attesa della riforma della legittima difesa.
Loro, costretti a versare cifre consistenti per aver reagito ai banditi. E la vita di David, invece, valutata meno di quella “di un cane”.