Il marinaio libico incastra le Ong: “Ho visto i contatti con gli scafisti”

Il comandante della motovedetta Guardia Coste Ras Lgder libica, una delle tre donate dall’Italia, lo dice senza mezzi termini: “Ho visto personalmente molti contatti su Facebook o Twitter tra Ong e scafisti e vedo molti contatti tra loro”.

Si muove così una nuova ombra sulle attività delle organizzazioni non governative nel Mediterraneo. Dopo le rivelazioni di Quarta Repubblica, che ha mostrato come gli scafisti assicurino ai migranti la buona riuscita del viaggio grazie alla presenza delle Ong in mare, ora a lanciare l’accusa è un militare libico. Che tra quelle onde opera ogni giorno per tenere in piedi la zona Sar libica.

A raccontare le operazioni della Guardia costiera libica è Lorenzo Cremonesi in un servizio per il Corriere. Un canotto va a cinque chilometri all’ora a venti chilometri dalla posizione della Marina, quindi oltre le acque territoriali libiche ma all’interno di quella che è definita l’area Sar coordinata da Tripoli.

Il rischio ovviamente è che i migranti facciano resistenza e non vogliano salire a bordo per evitare il ritorno in Libia. Più volte è capitato che, vedendo all’orizzonte le navi Ong, i disperati si gettassero addirittura in acqua per evitare di essere presi dai libici. “Per prima cosa parlo con il pilota – spiega il comandante della guardia costiera – e chiedo che spenga il motore. Se nessuno ferma il motore, avvicino il mio zodiac alla barca. A quel punto sono molto vicino, fermo il motore, parlo a tutti, uno a uno e dico loro di salire”.

L’inviato del Corriere chiede poi anche come si sia trovata la Guardia costiera libica con le navi Ong che pattugliano il tratto di mare di fronte all’Africa. “Parlo con le Ong – risponde Mustafa – chiedo loro di non avvicinarsi per non mettere a rischio la vita dei migranti. Ma a volte non stanno ad ascoltare”. Di scontri tra navi umanitarie e Marina di Tripoli nel tempo ce ne sono stati diversi, con accuse incrociate. “Non stanno ad ascoltare – insiste Mustafa – vogliono solo prendere i migranti. E questo crea una situazione pericolosa”.

Alla domanda se crede che vi sia un “coordinamento” tra scafisti e Ong, il militare risponde in maniera affermativa. E non solo: “Sì, senz’altro. Ho visto personalmente molti contatti su Facebook o Twitter tra Ong e scafisti e vedo motli contatti tra loro”.

Durante il reportage, la motovedetta incontra un barcone carico di immigrati. Chi lo guidava, un giovane che si copre il viso per non farsi riconoscere, ammette che “sperava di essere ripescato da una barca Ong” anche se assicura di non aver preso “alcun contatto” prima di partire. Resta, però il fattore attrattivo: i migranti aveva benzina sufficiente solo per superare le acque territoriali libiche, poi contavano sull’intervento delle imbarcazion i umanitarie. Rischiando così di morire in mare.