Il grillino De Vito arrestato per corruzione: presunte tangenti sullo stadio della Roma

Una nuova tegola giudiziaria si abbatte sul Movimento 5 Stelle e su Virginia Raggi. Questa mattina il presidente dell’Assemblea capitolina Marcello De Vito è, infatti, finito in manette con l’accusa (pesantissima) di corruzione.

Secondo gli inquirenti, che stanno portando avanti l’inchiesta sul nuovo stadio della Roma, ci sarebbero in ballo tangenti legate alle autorizzazioni per alcuni progetti immobiliari. Insieme a lui sono finiti agli arresti anche l’avvocato Camillo Mezzacapo, destinatario di incarichi professionali su segnalazione del presidente del Consiglio comunale di Roma, l’architetto Fortunato Pititto, legato al gruppo imprenditoriale della famiglia Statuto, e Gianluca Bardelli.

De Vito, avvocato 45enne, è stato il primo candidato sindaco dei Cinque Stelle in Campidoglio. Nel 2013 sfidò Ignazio Marino, Gianni Alemanno e Alfio Marchini piazzandosi terzo con il 12,4% dei voti. Alle elezioni comunali del 2016, incassando oltre 6.500 voti, divenne poi il “Mister preferenze” del Movimento. Un successo personale che lo ha spinto alla presidenza dell’Assemblea Capitolina. Da sempre vicino all’ala più ortodossa, quella che nel Lazio vede tra i suoi riferimenti la capogruppo in Consiglio regionale Roberta Lombardi, De Vito viene ora accusato di aver “ricevuto soldi e favori” dell’imprenditore Luca Parnasi promettendo in cambio di favorire il progetto per la costruzione dell’impianto sportivo nell’area di Tor di Valle. Tra i reati ipotizzati dalla procura di Roma c’è anche il “traffico di influenze illecite” nell’ambito delle procedure connesse alla costruzione di un albergo nella ex stazione ferroviaria di Roma Trastevere e alla riqualificazione dell’area degli ex Mercati generali di Roma Ostiense.

“I fatti contestati sono gravissimi”, ha ammesso il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra. “Non si può rimanere in silenzio – ha continuato il grillino – la corruzione è un male che colpisce in qualsiasi forza politica e bisogna essere intransigenti”. L’indagine ha acceso i riflettori su tutta una serie di operazioni corruttive messe in atto da alcuni imprenditori attraverso l’intermediazione di un avvocato ed un uomo d’affari che, di fatto, facevano da raccordo con De Vito. Tra questi ci sono Pier Luigi e Claudio Toti, rispettivamente presidente e vicepresidente della holding di famiglia. I due imprenditori sono coinvolti nella vicenda legata all’appalto per gli ex mercati generali di Roma che interessava alla società Lamaro, legata ai due fratelli. Nel registro degli indagati c’è anche il nome di l’amministratore della Lux Holding, Giuseppe Statuto, coinvolto, attraverso la società Ippolito Nievo, nell’appalto della vecchia Stazione Trastevere. L’obiettivo di tutti questi era proprio quello di ottenere provvedimenti favorevoli alla realizzazione di importanti progetti immobiliari. Proprio per questo, oltre ai provvedimenti restrittivi (due in carcere e due ai domiciliari), è stata anche eseguita una misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale nei confronti di due imprenditori.