Il “fallimento” della nave accoglienza

È sempre più un dato di fatto la possibilità che l’estate 2020 italiana sarà caratterizzata dall’arrivo massiccio di migranti provenienti dalle Regioni che si trovano nel cuore del Mediterraneo. Contrariamente a quanto accaduto nel 2019, anno in cui è stato registrato un numero molto basso di sbarchi, in questi primi cinque mesi trascorsi del 2020 i numeri registrati non lasciano ben sperare con 5.358 persone approdate sulla terraferma dopo aver affrontato i viaggi della speranza.

Circa la metà di questi numeri sono quelli che rappresentano gli arrivi registrati lungo le coste di Lampedusa e nelle altre spiagge della provincia di Agrigento.

Numeri importanti da gestire in considerazione soprattutto del periodo legato all’emergenza sanitaria nazionale determinata dal coronavirus. Ed allora, per far fronte alla necessità di garantire la pubblica incolumità ai cittadini dei territori interessati, il governo centrale, dopo numerosi appelli degli amministratori locali ha messo a disposizione una nave per far trascorrere la quarantena ai migranti appena arrivati. Si tratta della Moby Zazà, imbarcazione dell’armatore “Onorato” che si trova “parcheggiata” in rada, a Porto Empedocle, e che si sposta a Lampedusa solo per “caricare” i migranti che arrivano di volta in volta.

La Moby Zazà è davvero la soluzione ai problemi?

Con i suoi 250 posti la nave, avrebbe dovuto consentire a “tutti” gli arrivati lungo le coste di Lampedusa e dell’agrigentino in genere, di trascorrere al suo interno la quarantena. Ma, dalla data della sua messa in funzione (nella prima decade di maggio) ad oggi, gli arrivi hanno abbondantemente superato la sua capienza. Com’è stato quindi possibile far fronte all’emergenza sbarchi? Semplicemente trasferendo i migranti appena arrivati nei centri di accoglienza dell’agrigentino ma anche in altri territori dell’Italia. Inutile a dirsi questa situazione ha creato il malcontento delle popolazioni interessate che, in più occasioni, non hanno mancato di manifestare il proprio malcontento scendendo in piazza o con gesti dimostrativi abbastanza forti.

In quest’ultimo caso, come si ricorderà, pochi giorni fa a Lampedusa alcuni cittadini, approfittando del buio della notte, hanno oscurato con dei sacchi da imballaggio la Porta d’Europa simbolo dell’apertura all’immigrazione. Ma non solo, anche a Siculiana, sede del centro di accoglienza ex Villa Sikania, i cittadini hanno manifestato dopo che un tunisino è scappato dal centro di accoglienza rifugiandosi in un’abitazione privata. Dopo questo episodio, altri tunisini sono riusciti a scappare dalla struttura generando preoccupazioni tra la gente sia per quanto concerne la sicurezza, sia per quanto riguarda la salute pubblica. La motivazione del malcontento deriva dal fatto che i cittadini nella fase del lockdown si sono impegnati tutti a rispettare le misure previste dal Dpcm e adesso, l’arrivo dei migranti, potrebbe vanificare ogni sforzo fatto fin’ora.

Una nave da quasi un milione di Euro al mese

Ad aumentare l’insofferenza della popolazione è anche l’idea di trovarsi dinnanzi ad una vera e propria beffa. Non solo infatti, come mostrato in precedenza, la nave dell’accoglienza non ha risolto alcun problema ma, allo stesso tempo, il suo costo è apparso da subito esorbitante. Così come dichiarato ad IlGiornale.it dal vice presidente del gruppo della Lega alla Camera, Alessandro Pagano, la Moby Zazà ai contribuenti costa qualcosa come 900.000 Euro al mese.

Considerando la capienza della nave, per ogni migrante ospitato, lo Stato spende in media più di 4.000 Euro al mese: “Non parliamo di un gommone di terza mano, ma di una nave dotata di ristorante self-service, pizzeria, gelateria, admiral pub con speciale assortimento vini, area giochi e sala video – ha sottolineato Pagano – cabine doppie o quadruple con servizi e perfino suite di lusso. Tutto questo mentre famiglie e imprese italiane sono in ginocchio per la gravissima crisi economica causata dalla pandemia da Covid-19”. Cifre importanti quelle della Moby Zazà, che soprattutto in questo periodo vengono viste con particolare diffidenza da molti cittadini, alcuni dei quali si chiedono a cosa mai sia servito questo oneroso investimento: “Vediamo questa nave qui ogni giorno – commenta un pescatore di Porto Empedocle – Ogni tanto rientra in porto, altre volte la vediamo andare a largo e sparire all’orizzonte, poi di nuovo qui in rada. Ma quanto costa un’operazione del genere?”

Una domanda che si pongono anche dall’altra parte di quell’orizzonte evocato dal pescatore: anche a Lampedusa sono in tanti a chiedersi l’opportunità di mantenere una nave così costosa e che non ha alleviato i problemi posti dall’impennata di sbarchi in piena emergenza sanitaria. Costi esosi, cifre considerate esorbitanti per poi non vedere alcuna utilità né immediata e né a lungo termine nella gestione del fenomeno migratorio.

Ed a questo, occorre anche aggiungere la polemica relativa alla società che ha vinto il bando per la nave dell’accoglienza: “Mi risulta che il gruppo Onorato, proprietario dell’imbarcazione – ha dichiarato ancora Pagano nei giorni scorsi – abbia un contenzioso debitorio di 180 milioni di euro nei confronti del Mit”. Il bando è stato indetto proprio dal Ministero delle Infrastrutture, da qui la domanda posta dal deputato leghista in un’interrogazione: “Com’è possibile che abbia potuto partecipare, e soprattutto vincere, questa gara pubblica indetta dallo stesso Ministero?”.

Intanto gli sbarchi continuano

Ma ciò che fa maggiore impressione, è il fatto che il flusso migratorio verso Lampedusa e verso la Sicilia non accenna a diminuire. Se si parla con un qualunque cittadino dell’isola più grande delle Pelagie, si ha l’impressione che qui gli sbarchi non fanno più notizia: “Non so se oggi ci sono stati nuovi approdi – risponde al telefono un gestore di una struttura ricettiva lampedusana – Credo di sì. Ormai ce ne sono ogni giorno, da casa mia vedo spesso il molo Favarolo occupato da forze di soccorso e di Polizia”.

Nessuno riesce più a tenere il conto di quanti migranti arrivano ogni settimana, lo fanno e non senza fatica soltanto le forze dell’ordine preposte al soccorso ed all’identificazione di chi sbarca. Gran parte dei più recenti approdi sono giunti dalla Tunisia, anche se a sbarcare sono stati soprattutto cittadini di nazionalità subsahariana. Segno, come già scritto nei giorni scorsi, di come la dinamica migratoria lungo le coste nordafricane sta variando: le organizzazioni criminali libiche e tunisine collaborano e molte persone rinchiuse nei centri in Libia vengono inviate in Tunisia. Da qui poi, vengono messe in acqua e fatte arrivare autonomamente a Lampedusa.