Il complice di Ugo Russo ai pm: “Ci servivano i soldi per la disco”

Volevano recuperare i soldi per andare a ballare. Sarebbe questo il movente della tentata rapina compiuta a Napoli ai danni del carabiniere 23enne.

Ugo Russo e il complice 17enne avevano preso di mira l’automobilista con un Rolex al polso, senza immaginare che si trattasse di un militare armato.

Secondo quanto riporta il Corriere del Mezzogiorno, il movente emerge dal decreto di fermo nei confronti del 17enne emesso dal pm minorile. L’udienza di convalida è fissata per questa mattina. Il ragazzo è accusato di tentata rapina. Secondo il pm, “non ci sono dubbi” sulla partecipazione del 17enne al tentativo di rapina “che era nato dal desiderio di procurarsi del denaro per andare a ballare (movente condiviso anche dal complice deceduto)”. Secondo il pm, i due ragazzi avevano individuato la vittima e avevano seguito l’auto, nell’intenzione di sorprendere l’uomo durante le manovre di parcheggio. E così è stato: Ugo Russo si era avvicinato all’auto e, puntando una pistola (poi rivelatasi finta) alla tempia del carabiniere, gli aveva intimato di sfilarsi l’orologio. Ma il militare 23enne aveva reagito, sparando al 15enne, poi morto in ospedale per le gravi ferite.

Per il pm sussisterebbero anche il pericolo di reiterazione del reato e quello di fuga dell 17enne. La reiterazione sarebbe giustificata dal fatto che la pistola e lo scooter con targa falsa erano suoi: “La detenzione di tali beni chiarisce che il minore aveva preparato gli strumenti di azione programmando la rapina e tanto dimostra la certa probabilità di reiterazione”, si legge nel documento. Inoltre, come avrebbe ammesso lui stesso, non frequenta la scuola e spesso trascorre le giornate per strada. Il pericolo di fuga, invece, sarebbe giustificato dalla difficoltà nel ritracciare il giovane, dopo gli eventi: il 17enne si era recato prima dalla nonna, per poi recarsi in un’altra abitazione. “Resta il fatto – scrive il pm – che i familiari del minore, contattati più volte al telefono, non fornivano indicazioni utili per rintracciarlo e questi non era raggiungibile. Appare chiaro che vi è stata una interruzione dei contatti con l’ autorità dalla notte del delitto fino alle 13.30, quando la polizia giudiziaria recuperava il minore con il padre”. Proprio questi eventi indicherebbero il pericolo di fuga, “se il minore venisse messo in libertà”.

Secondo quanto riporta AdKronos, il ragazzo che accompagnava Ugo Russo avrebbe ripercorso gli eventi di quella notte, raccontando: “Guidavo il motorino, ma non è mio. Mi sono fermato a due, tre metri dalla macchina del ragazzo, Ugo è sceso, gli ha chiesto l’orologio, lui ha fatto il gesto, come per sfilarselo, e a quel punto ha sparato. Ma no, non ha detto di essere un carabiniere”. Poi ha aggiunto: “Un primo colpo ha raggiunto Ugo al petto tanto da farlo sbalzare indietro. Si è girato per tornare verso di me. Il secondo proiettile, però, lo ha preso alla testa. Altri due colpi sono stati esplosi, credo verso di me e infatti sono scappato via”.