Il cellulare, l’amico, i complici: la rete italiana del boia di Nizza

 

Brahim Aoussaoui, l’autore dell’attentato di Nizza, potrebbe aver agito contando sul supporto di una rete di complici situati in Italia, Paese nel quale il 21enne tunisino era sbarcato lo scorso settembre.

Un puzzle complesso
Gli inquirenti stanno cercando di ricostruire le ultime settimane trascorse sul territorio italiano dal ragazzo che, dopo aver scontato una quarantena a bordo della nave Rhapsody, nei primi giorni di ottobre era stato rilasciato dalle autorità con l’obbligo di lasciare il Paese. Brahim ha tuttavia ignorato il foglio di via ricevuto e si è diretto verso la Francia, dove ha giovedì mattina ha ucciso tre persone nella basilica di Notre-Dame-de-l’Assomption di Nizza.

Ma che cosa è successo davvero in Italia? È questa la domanda a cui stanno cercando di rispondere gli investigatori francesi e italiani. Sappiamo soltanto che Aoussaoui è entrato illegalmente in Francia e che ha avvisato i suoi famigliari soltanto una volta arrivato oltralpe. La madre e il fratello hanno spiegato che Brahim da ormai un paio di anni si era rifugiato nella preghiera islamica. Non usciva, era chiuso e molto introverso.

Non solo: in passato il boia di Nizza ha fatto uso di droghe ed era solito bere alcol. Nel 2016, a 17 anni, è stato persino arrestato dalla polizia tunisina per aver accoltellato una persona nel governatorato di Sfax. Pare inoltre che abbia partecipato alle manifestazioni di Ansar al Sharia, una fazione inserita dagli Stati Uniti nella lista del terrorismo. Insomma, nonostante il curriculum del ragazzo non sia dei migliori, Brahim è riuscito ad attuare indisturbato il suo folle piano.

I contatti con la Sicilia

La Digos di Palermo ha effettuato perquisizioni fino a tarda notte ad Alcamo, piccolo centro del trapanese. Secondo quanto riferito dall’agenzia Adnkronos, gli uomini guidati dal Procuratore Francesco Lo Voi, sono alla ricerca di tracce del passaggio di Brahim. A quanto pare, infatti, il tunisino sarebbe rimasto in questo paesino a casa di un amico per almeno 12 giorni.

Un amico dell’attentatore, un 30enne tunisino, è stato ascoltato fino all’alba dal Dipartimento antiterrorismo della Dda di Palermo. Al momento non si troverebbe in stato di fermo. Certo è che le indagini proseguono a tappeto, con l’obiettivo di fare luce sui passaggi del giovane che, ricordiamo, è sbarcato a Lampedusa, è stato portato a Bari e poi è tornato in Sicilia, prima di spostarsi a Nizza.

La polizia francese ha rinvenuto nelle tasche dei Brahim alcuni indizi a conferma della permanenza del ragazzo in Italia. Il giovane avrebbe spiegato ai familiari di trovarsi ad Alcamo. Qui avrebbe trovato un’occupazione nella raccolta delle olive, ipotesi confermata dai primi accertamenti. Dopo alcuni giorni Aoussaoui avrebbe abbandonato l’isola per risalire la penisola.

Nuove prove potrebbero arrivare dal telefonino italiano ritrovato nelle tasche dell’attentatore, con una scheda forse acquistata a Bari. Sarà interessante capire chi sono i contatti presenti nel cellulare. Non si esclude la pista di possibili appoggi siciliani decisivi ai fini della programmazione dell’attentato. Nei prossimi giorni potrebbero emergere altre sconvolgenti verità.

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