I lavori che i migranti non vogliono più fare: “Nessuno raccoglie mele e uva”. La sanatoria flop della Bellanova

 

La sanatoria doveva essere la risoluzione a tutti i mali dell’agricoltura, dalla mancanza di manodopera dei campi con l’esplosione della pandemia all’emersione del lavoro nero e del caporalato.

E invece la manovra, promossa in primo luogo dal ministro dell’agricoltura Teresa Bellanova si è rivelata un autentico fallimento.

Quando il primo report del Viminale a fine giugno parlava di appena 32.000 domande presentate nel primo mese di validità della regolarizzazione dei migranti, il governo si è affrettato a prolungare il periodo utile a presentare le istanze fino al 15 agosto a fronte dell’iniziale data del 15 luglio. Il report definitivo di ferragosto parla di 148.594 migranti irregolari che hanno chiesto di sanare la propria posizione per fini lavorativi.

La Bellanova piange per i migranti. Ma loro snobbano la sanatoria

È un numero lontano da quello minimo previsto dall’esecutivo, che doveva aggirarsi a 220.000, ancor di più dalla stima iniziale della stessa Bellanova che invece paventava una platea di oltre mezzo milione di migranti. E se già i dati hanno certificato il fallimento dell’operazione voluta dall’esecutivo, a rendere drammatica la situazione sul fronte del comparto agricolo è la constatazione che delle poco meno di 150.000 domande presentate soltanto 19.875 sono quelle inerenti l’agricoltura.

I campi, in poche parole, vuoti erano e vuoti sono rimasti. L’apporto della sanatoria non ha comportato alcun miglioramento della situazione e questo del resto era stato previsto da diverse associazioni di categoria, a partire dalla Coldiretti. Il motivo è molto semplice: buona parte degli stagionali che lavorano nei campi provengono dall’est Europa, Romania e Bulgaria su tutti. Quando in Italia è esplosa l’epidemia da coronavirus, molti di loro hanno preferito fare rientro a casa.

Le associazioni del comparto avevano quindi chiesto, prima ancora che provare la carta della sanatoria, l’attuazione di corridoi verdi volti a far rientrare in Italia coloro che già lavoravano in questo settore e garantivano buona parte della manodopera necessaria. Così non è stato e anzi la situazione oggi è ancora più difficile: la curva epidemiologica fa paura soprattutto nell’est Europa per il momento, chi viene da lì deve immancabilmente sottoporsi a 14 giorni di quarantena. Con una sanatoria che è andata verso un annunciato flop e con i braccianti rimasti a casa fuori dall’Italia, i campi oggi sono vuoti.

Così come sottolineato su Libero, oggi nella sola Toscana mancano almeno cinquemila braccianti. Sta per iniziare la vendemmia, da nord a sud intere coltivazioni preziose per il nostro vino e per i nostri principali prodotti di esportazione rischiano di essere perse. Ad essere chiesta a gran voce da parte del comparto agricolo è la possibilità di attuare test rapidi per chi rientra da Romania e Bulgaria.

Un modo per fare immediati tamponi a chi proviene da questi Paesi per lavorare nei campi e far evitare loro un periodo di quarantena: “Per i corridoi verdi abbiamo chiesto al governo mesi fa accordi con Romania e Bulgaria – ha spiegato su Libero il numero uno di Coldiretti, Ettore Prandini – da dove arriva la manodopera agricola qualificata con un doppio test: il primo nel Paese di partenza e il secondo all’arrivo in Italia. Non se n’è fatto nulla e ogni giorno la situazione si fa più critica”.

Annunci, pianti in diretta televisiva, accuse di razzismo contro chi si opponeva alla sanatoria: oggi di tutto questo rimangono solo le macerie di un settore sempre più al collasso e non solo a casua del Covid.

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