I giudici bocciano il bonus bebè: “Discrimina i figli dei migranti”

La sentenza arriva dopo il ricorso presentato dall’Associazione studi giuridici sull’immigrazione e la onlus Avvocati per niente. Il requisitito della residenza continuativa di 5 anni nel Paese per entrambi i genitori del neonato è stato definito discriminatorio nei confronti degli stranieri

Sta facendo discutere la sentenza della corte d’appello di Milano, che ha di fatto bocciato una clausola presente all’interno del cosidetto “bonus bebè”, ovvero l’assegno erogato alle famiglie dove è presente un nuovo nato.

La motivazione che ha convinto i giudici ad opporsi al provvedimento, tanto da chiedere alla regione Lombardia di apportare delle modifiche, è da ricercarsi ancora una volta nella volontà di tutelare i diritti dei cittadini stranieri.

Stando alla delibera firmata nell’ottobre 2015 dalla giunta regionale, infatti, per godere del sopra citato bonus entrambi i genitori devono dimostare di avere risieduto per almeno 5 anni consecutivi nel nostro Paese. Senza tale requisito non è possibile ottenere l’assegno.

Un provvedimento, questo, che la corte d’appello ha definito senza mezzi termini come “discriminatorio”.

A portare all’attenzione dei giudici tale problematica l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione e la onlus Avvocati per niente, che hanno quindi presentato ricorso alla corte. Oggi, dunque, la decisione dell’organo giudiziario che, come riportato da “Repubblica”, ha ordinato alla regione Lombardia di modificare il testo del 2015, abolendo il requisito dei 5 anni, e di “riaprire i termini per la presentazione delle domande”. Tutto questo per tutelare gli stranieri, particolarmente interessati al bonus bebè. Troppe infatti, secondo i giudici, le famiglie extracomunitarie rimaste escluse, considerato anche il fatto che i genitori dei neonati spesso non arrivano in Italia nello stesso momento, ma uno dei due attende il ricongiungimento familiare.