“Ho visto cosa faceva alla bambina”. Madre e figlia trovate morte, spunta il testimone oculare

Un vestitino rosa a fiorellini. È questo l’unico fragile segno rimasto di una bambina che forse si chiamava Aurora. Aveva meno di un anno e il suo corpo è stato ritrovato abbandonato tra le sterpaglie di Villa Pamphili, a Roma. Nessuno ne aveva denunciato la scomparsa. Nessuno sembrava cercarla. A ricostruire le ultime ore della sua vita è un testimone, che il 5 giugno, alle 18.12, in largo Benedetto Cairoli, la vede in braccio a un uomo barcollante, con una bottiglia di vino in mano. L’uomo è Francis Kaufmann, conosciuto anche come Rexal Ford. “L’ha appoggiata su uno scooter in sosta come fosse un peso di cui liberarsi”, racconta il testimone al Corriere della Sera.

Sono immagini che non si dimenticano. Ore dopo, la bambina viene ritrovata senza vita, strangolata. Quel vestitino rosa, che aveva ancora addosso durante l’avvistamento, viene rinvenuto in un cestino poco distante. Un dettaglio cruciale che conferma il legame tra la scena descritta dal testimone e il tragico ritrovamento. Gli investigatori sono convinti che Kaufmann abbia spogliato la piccola per renderla irriconoscibile e che lo stesso destino sia toccato alla donna che diceva essere sua moglie. Anche lei senza vestiti, forse assassinata sotto i suoi occhi. Un duplice omicidio su cui pesano le parole degli inquirenti: “efferatezza congenita” e “impulsi incontrollabili verso soggetti indifesi”.

“Ho visto cosa faceva alla bambina”. Madre e figlia trovate morte, spunta il testimone oculare

La storia di Francis Kaufmann ha radici inquietanti. Negli Stati Uniti, dove risulta avere cinque arresti e 120 giorni di carcere per lesioni gravi – probabilmente inflitte con armi da taglio – era già noto per aggressioni e violenza domestica. In Italia, dove si era trasferito, era stato fermato più volte, ma sempre rilasciato. Solo due giorni prima del delitto, il 3 giugno, la polizia lo soccorre in stato confusionale a Campo de’ Fiori: con lui ci sono la donna e la bambina. Lei cerca di curarlo, dice che è la prima volta che si ubriaca così. Ma è una bugia. Era già stato segnalato per comportamenti aggressivi verso di lei appena due settimane prima, il 20 maggio.

La sequenza degli eventi precipita il 5 giugno. Kaufmann, ripreso mentre filma con il cellulare alcuni agenti intervenuti dopo una segnalazione, ha ancora la bambina con sé. Quello stesso telefono – a lui intestato – rivelerà poi che aveva prenotato un volo per la Grecia. Il 10 giugno viene visto di nuovo a Roma, senza la bambina, con un trolley. Nessuna denuncia, nessuna richiesta di aiuto. Il giorno dopo decolla su un volo Ryanair diretto a Skiathos. Viene infine arrestato il 13 giugno.

Oggi le autorità italiane hanno finalmente accertato la sua vera identità, ma restano enormi zone d’ombra. Chi erano davvero quella bambina e quella donna? Da dove venivano? E soprattutto: come è stato possibile che un uomo con questo passato, segnalato più volte, sia riuscito a portare a termine un crimine tanto atroce sotto gli occhi di tutti? È questo, forse, il punto più drammatico di tutta la vicenda. Il numero delle occasioni in cui si sarebbe potuto fermarlo è spaventoso. E nessuno, alla fine, lo ha fatto.