Giuseppe Conte si difende da tv e giornali, noi siamo la politica onesta del paese

Si attenua la pandemia, iniziano le inchieste su quel che è successo in questi tre mesi. Con la ripresa delle attività anche negli uffici giudiziari le Procure stanno aprendo fascicoli sui molti casi da chiarire, specie nella mancate zone rosse in Lombardia. E le indagini stanno arrivando a toccare il premier Giuseppe Conte, finora mai impensierito dalle procure, anzi indirettamente spalleggiato dalle richieste di processo arrivate contro il suo ex ministro ora avversario politico, Matteo Salvini. Da qualche giorno invece l’aria a Palazzo Chigi si è fatta pesante. Il dossier più delicato è quello che riguarda Nembro e Alzano, due dei paesi più colpiti dal Covid 19. La Procura di Bergamo ha aperto un’inchiesta per chiarire le responsabilità sulla decisione di non isolare le due cittadine come invece era successo nei casi di Codogno e Vo Euganeo. Il premier e i ministri più coinvolti in queste vicende hanno tenuto finora una linea molto chiara: la colpa è di Attilio Fontana e della Regione Lombardia. Peccato che i magistrati siano di diverso avviso. «Da quello che ci risulta» la decisione di istituire una zona rossa «è una decisione governativa» ha detto Maria Cristina Rota, procuratore facente funzione di Bergamo. Dunque, diversamente da quanto sostiene il dossier preparato dallo staff del presidente del Consiglio, la responsabilità va cercata nel governo. Ed è lì che i pm stanno indirizzando le indagini. Secondo le indiscrezioni sarebbero pronti gli inviti a comparire come persone informate dei fatti per il premier Conte e i ministri Speranza (Salute) e Lamorgese (Interno). A quanto pare però non ci sono ancora decisioni in merito, l’altra ipotesi in campo è quella di trasferire il fascicolo alla Procura di Roma per competenza territoriale. Ma è evidente che in entrambi i casi una sfilata di ministri in un’ufficio giudiziario sarebbe un durissimo colpo all’immagine del governo, la certificazione della corresponsabilità (o forse di quella principale) nella mala gestione dei focolai di coronavirus al nord, finora scaricati addosso ai governatori, e in qualche caso anche ai singoli ospedali. Soprattutto per Conte, smettere i panni di presidente amico degli italiani nelle dirette Facebook, e indossare quelli più scomodi di «persona informata sui fatti» davanti ad un pm, sarebbe un problema. Per questo il premier è indaffarato a costruire la difesa. L’appiglio sarebbe una legge del 1978 (citata non a caso dal ministro Boccia) per cui anche le regioni possono istituire zone rosse. Peccato che, come ricorda un contro-dossier della Lega, sia stata proprio una circolare del governo dell’8 marzo a vietare espressamente alle Regioni di farlo. Ma poi ci sono altre gravi lacune su cui qualche procura potrebbe accendere i fari: le mascherine mai fornite dallo Stato, i medici mandati allo sbaraglio senza protezioni, i decreti anticipati facendo scatenare il panico. La Corte dei conti, nel suo ultimo documento sullo stato della finanza pubblica, accusa direttamente il governo: «La mancanza di un efficace sistema di assistenza sul territorio ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate», si legge nella relazione, racconta il Tempo. Un’attenzione da parte di pm e magistrati contabili non certo piacevole per Conte. Se Salvini è stato accusato di sequestro di persona per le decisioni prese da ministro, quali accuse si potrebbe sollevare dopo un’epidemia da 33mila morti?