Flotilla per Gaza, cresce la tensione: “Israele pronto ad attaccare in 48 ore”

Una crescente tensione avvolge la Global Sumud Flotilla, la missione umanitaria composta da circa 50 barche diretta a Gaza con l’obiettivo di consegnare aiuti umanitari alla popolazione palestinese. Gli attivisti coinvolti hanno annunciato su Telegram una “conferenza stampa di emergenza” per denunciare “informazioni credibili di intelligence” che segnalano un imminente rischio di attacchi da parte di Israele nelle prossime 48 ore. Secondo quanto riferito, ci sarebbero “armi che potrebbero affondare, ferire e uccidere i partecipanti”, alimentando il clima di tensione e preoccupazione tra i partecipanti alla missione.

Nonostante le minacce, gli attivisti hanno ribadito la loro ferma volontà di proseguire: “Non ci saranno altre soste tecniche per le nostre 50 barche, continueremo diretti fino a Gaza. Siamo consapevoli delle minacce, ma ci rendono solo più uniti”. La decisione di non deviare, nemmeno verso Cipro, proposta ieri con il coinvolgimento del patriarcato latino di Gerusalemme, testimonia la determinazione di questa missione nel rompere l’assedio che da anni blocca l’accesso agli aiuti umanitari a Gaza. Il messaggio è chiaro: “Il nostro obiettivo resta rompere l’assedio illegale e consegnare gli aiuti direttamente alla popolazione di Gaza, vittima di genocidio e pulizia etnica”.

Nel frattempo, la Marina militare italiana si prepara a intervenire in caso di necessità. La fregata multiruolo Fasan si trova a sud di Creta, in prossimità della Flotilla, pronta a offrire soccorso qualora si rendesse necessario. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha confermato che l’Italia ha messo a disposizione “una soluzione concreta per garantire l’arrivo degli aiuti umanitari”, precisando che la nave italiana “non svolge funzioni di scorta né entrerà in acque non sicure”. Crosetto ha inoltre sottolineato l’importanza di rispettare il blocco: “Resta indispensabile che la Flotilla non tenti di forzare il blocco: esporre vite umane a rischi non avrebbe alcun senso”.

Anche la Spagna ha annunciato il proprio impegno nel monitorare la missione umanitaria, con l’invio del pattugliatore Furor, in partenza da Cartagena con a bordo sessanta uomini, tra cui personale sanitario. L’unità navale si collegherà con la nave italiana, rafforzando la presenza internazionale nel controllo e nel monitoraggio della missione.

Sul fronte politico, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato: “In sette mesi ho messo fine a sette guerre”. Tuttavia, questa affermazione è stata oggetto di fact checking, che ha evidenziato come le sue parole siano state contestate da analisti e osservatori internazionali.

Dal ponte della Flotilla, la voce di Nkosi Zwelivelile Mandela, nipote di Nelson Mandela, ha lanciato un appello forte e deciso: “Non fermeremo i nostri sforzi fino a che non si ferma il genocidio. Chiediamo ai governi di fare pressioni per fermare la violenza”. La missione umanitaria, quindi, si trova ora al centro di un delicato equilibrio tra l’impegno internazionale e le minacce di escalation militare, con il mondo che osserva con apprensione gli sviluppi di questa difficile operazione di aiuto e solidarietà.