Flotilla e Gaza, il silenzio di Elly Schlein divide il PD: “Confusione e paura di perdere voti a sinistra”

Nel contesto del dibattito internazionale sul piano di pace proposto da Donald Trump per la crisi di Gaza, si registra un silenzio significativo da parte di Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico. La sua scelta di non esprimersi né a favore né contro il piano ha suscitato molte riflessioni e ha evidenziato le divisioni interne al partito di centrosinistra.

L’assenza di una posizione chiara di Schlein si contrappone alle dichiarazioni di altri esponenti dem, come Lorenzo Guerini e Alessandro Alfieri, che hanno rilasciato commenti ufficiali a sostegno del piano. Questo atteggiamento di neutralità apparente riflette non solo la confusione politica, ma anche una spaccatura più profonda all’interno del PD, diviso tra una linea più moderata e una più radicale sul tema di Gaza.

Il confronto con il Presidente Sergio Mattarella evidenzia ulteriormente le tensioni. Il Capo dello Stato ha infatti chiesto alla Global Sumud Flotilla di accettare la mediazione del Vaticano per la consegna degli aiuti umanitari a Cipro, cercando di evitare un possibile intervento militare israeliano. La posizione di Mattarella, studiata nei dettagli, rappresentava un tentativo di superare l’impasse politica e offrire un’uscita onorevole, anche in considerazione del fatto che il governo Meloni aveva rivelato i dettagli della trattativa, complicando la posizione degli attivisti più radicali.

Tuttavia, Schlein ha scelto di mantenere un atteggiamento di ringraziamento senza schierarsi apertamente, forse per timore di perdere consensi tra gli elettori di sinistra più radicali, come Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra, entrambi molto critici sulla questione di Gaza. La cautela della leader dem si traduce in un atteggiamento di attesa, che rischia di essere interpretato come indecisione o debolezza.

Internamente, questa posizione di neutralità ha generato malumore tra i moderati del partito, che vedono nel silenzio di Schlein un segnale di dipendenza dalla sinistra più radicale e di debolezza politica. Storicamente, il PD è stato definito “il partito del presidente”, con figure come Mattarella che hanno ricevuto il sostegno dei dem per la carica di Capo dello Stato. La distanza di Schlein dal presidente e dalle sue posizioni rappresenta una rottura con questa tradizione, alimentando le tensioni interne.

Sul fronte parlamentare, il ministro degli Esteri Antonio Tajani si appresta a riferire sugli sviluppi in Medio Oriente, ma le prospettive di un’unità tra maggioranza e opposizioni appaiono improbabili. Il governo di centrodestra potrebbe puntare a una risoluzione che elogi Trump, mentre M5S e Alleanza Verdi e Sinistra si opporranno a qualsiasi condanna di Israele. In questo scenario, il PD potrebbe optare per un’astensione o per il non partecipare al voto, per evitare di assumersi responsabilità troppo rischiose.

Schlein si trova dunque sotto pressione: tra le richieste di unità interna, le pressioni di Conte e Fratoianni, e le strategie politiche di Giorgia Meloni, che ha già sfruttato le ambiguità dem per mettere in difficoltà l’opposizione. Con le imminenti elezioni regionali in Calabria, il silenzio di oggi potrebbe trasformarsi in un boomerang politico domani, mettendo alla prova la tenuta del nuovo leadership e la coesione del partito.

Resta da vedere come Schlein riuscirà a navigare tra queste acque agitate, tra le esigenze di una linea chiara e la necessità di mantenere un’unità interna che appare sempre più fragile in un contesto internazionale e nazionale di grande tensione.