Elon Musk rompe con Trump: “È finita”. Addio alla Casa Bianca, cosa succede ora
In un’America sempre più polarizzata e segnata da profonde tensioni ideologiche, il colpo di scena arriva da uno dei personaggi più influenti e discussi del panorama globale: Elon Musk. Il miliardario visionario ha annunciato ufficialmente la sua uscita dal team strategico della Casa Bianca, segnando la fine di un’alleanza che aveva fatto discutere, diviso l’opinione pubblica e influenzato i mercati finanziari.
L’annuncio, condiviso tramite un post su X (ex Twitter), Musk ha ringraziato Donald Trump per “l’opportunità di contribuire alla riduzione degli sprechi”, ma ha chiarito di aver concluso il suo ruolo di “Special Government Employee”. La rottura, che si era già manifestata nei mesi precedenti, si è concretizzata con questa presa di posizione, che segna un punto di svolta nel rapporto tra il fondatore di Tesla e l’ex presidente.
Il motivo principale della frattura? La nuova legge di bilancio sostenuta dalla Casa Bianca, giudicata da Musk “deludente” e “non all’altezza delle aspettative”. In un’intervista alla CBS, il miliardario ha espresso il suo disincanto: “Un disegno di legge può essere grande, oppure può essere bello. Ma non so se possa essere entrambe le cose”. Parole che sintetizzano il suo disappunto verso un sistema politico che, a suo avviso, privilegia le logiche di corto respiro e gli interessi di parte.
Da alleato di Trump a figura sempre più distante, Musk ha avuto un ruolo di primo piano nel panorama politico-americano degli ultimi anni. Dal luglio 2024, ha donato oltre 250 milioni di dollari alla campagna elettorale repubblicana, partecipato a eventi chiave con il cappellino MAGA e collaborato con figure come Vivek Ramaswamy, assumendo anche ruoli di leadership strategica. Non sono mancate le esibizioni pubbliche, come il siparietto virale con Javier Milei al CPAC, dove brandiva una motosega in segno di protesta.
Tuttavia, l’esclusione dalla guida del Tesoro, un ruolo che Musk avrebbe ambito fortemente, ha segnato un punto di non ritorno. Trump ha preferito puntare su figure più “istituzionali” e meno divisive, lasciando il fondatore di Tesla e SpaceX in una posizione di isolamento politico. La conseguenza si è tradotta in un calo delle performance delle sue aziende: nel primo trimestre del 2025, Tesla ha registrato un crollo del 71% del reddito netto rispetto all’anno precedente, un dato che molti analisti attribuiscono proprio alle tensioni politiche e all’iper-esposizione di Musk nel dibattito pubblico.
Anche SpaceX ha rallentato i suoi annunci pubblici, con fonti vicine all’azienda che parlano di un ritorno alle priorità tecniche e di innovazione, lasciando alle spalle le logiche di potere e le alleanze politiche. Musk sembra voler riappropriarsi del suo ruolo di imprenditore e innovatore, lasciando alle spalle le schermaglie con Washington.
Il post di Musk, seppur elegante nei toni, è stato inequivocabile nel contenuto. Ha parlato di “Dogestyle Government” come di una filosofia che continuerà a influenzare il suo modo di pensare, ma che non sarà più parte attiva della politica. La Casa Bianca, dal canto suo, ha minimizzato la rottura, con Stephen Miller che ha dichiarato che il “Big Beautiful Bill” non è vincolante. Tuttavia, i ponti sono stati bruciati e la frattura appare ormai definitiva.
Questa separazione rappresenta più di una divergenza sui numeri e le politiche pubbliche: è una frattura tra due visioni del mondo inconciliabili. Da un lato, quella iper-pragmatica, libertaria e tecnologica di Musk; dall’altro, quella populista, sovranista e strategica di Trump. Due stili che, per un momento, avevano trovato un punto di incontro, ma che ora si allontanano irreparabilmente.
Cosa succederà ora? Elon Musk tornerà a concentrarsi esclusivamente sulle sue aziende, come Tesla, SpaceX e Neuralink, con un’agenda pubblica meno coinvolta nelle dinamiche politiche. Tuttavia, la sua influenza nel dibattito pubblico e sui mercati rimane significativa. La domanda che aleggia è se questa uscita di scena sia definitiva o solo un’illusione di ritirata: in un’America sempre più imprevedibile, anche il “ritiro” può essere solo temporaneo.