Conte resiste: blocchi locali e Covid hotel in ogni provincia

Il governo frena sul lockdown. Si procede per mini-chiusure: la linea morbida prevale ancora, nonostante l’impennata di contagiati e decessi.

Lo schema è di seguire il modello delle tre Regioni del Nord, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Veneto, che ieri hanno varato, di intesa con il ministro della Salute Roberto Speranza, nuove strette.

Il pressing del Comitato tecnico scientifico, che invoca un periodo di lockdown prima delle festività di Natale, non sortisce alcun risultato. E viene accantonata, per ora, l’ipotesi di varare un altro Dpcm nel fine settimana. Eventuali strette non arriveranno prima della metà della prossima settimana.

Ieri il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia ha incontrato con il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri e il capo della Protezione civile Angelo Borrelli, i rappresentanti di Regioni, Province e Comuni per mettere a punto un piano di rafforzamento delle reti sanitarie e dei Covid hotel.

L’obiettivo sarebbe, dunque, quello di potenziare il sistema sanitario e le strutture di accoglienza per i positivi con sintomi lievi: una strategia che punterebbe ad allontanare l’opzione del lockdown. L’idea dell’esecutivo sarebbe di creare Covid hotel per ogni Provincia. Gli indennizzi ai proprietari degli hotel saranno a carico dello Stato, il personale sarà a carico delle regioni.

Altro tassello del piano anti-blocco del governo è il monitoraggio quasi quotidiano dei dati che arrivano dalle Regioni. Il ragionamento di Palazzo Chigi, che ora viene sposato da gran parte dei ministri, è di tenere sotto controllo i territori a più alto rischio. In modo da predisporre interventi differenziati e mirati. Evitando così un lockdown nazionale.

Ma nell’esecutivo c’è chi avanza dubbi sulla reale efficacia del modello Conte. Anzi i ministri rigoristi, Speranza e Franceschini in testa, fanno trapelare che alla fine l’epilogo sarà quasi inevitabile: uno stop di tre settimane a cavallo tra la fine di novembre e inizio dicembre. Per giungere ad un alleggerimento graduale delle restrizioni nella seconda metà di dicembre.

Tra gli osservati speciali c’è la Campania: la Regione guidata da Vincenzo De Luca preoccupa. Soprattutto perché gli ospedali sono al collasso. E poi al momento è quasi impossibile stabilire un dialogo pacifico con De Luca.

Il governatore campano respinge l’ipotesi di un ospedale da campo e spara contro il commissario Arcuri per la mancanza di personale. La conferma è arrivata nel corso della riunione tra Boccia, Arcuri e i governatori.

De Luca ha puntato il dito contro il governo: «Ho chiesto 1400 sanitari, il governo ne ha inviati 7». Piccata la risposta di Boccia: «Se la Campania ha bisogno di medici si faccia un altro bando, dal momento che i dati sulla disponibilità degli operatori Regione per Regione è sul tavolo».

Ma le immagini degli ospedali napoletani sono terrificanti. Ieri si è scomodato addirittura il ministro degli Esteri Luigi di Maio, lasciando prevedere un intervento nelle prossime ore sulla sua Regione: «Dalla Campania arrivano immagini terribili: ieri una persona è morta al pronto soccorso, altre stanno sulle barelle in condizioni preoccupanti.

Questa non è più un’opinione. Non è una gara di battute tra chi è più sceriffo. Abbiamo davanti strutture ospedaliere al collasso. Ed è inutile dire che il problema è solo Caserta, Salerno o Napoli: queste fanno due terzi della Campania e se non funzionano le strutture lì vuol dire che la Campania è al collasso».

In pratica, il ministro grillino anticipa le prossime mosse del ministro della Salute. La Campania potrebbe finire in zona rossa.