Cinema, flop di Veltroni: incassati solo 83 euro a sala

 

Sembra di essere tornati ad una delle recenti feste dell’Unità, quelle rimaste nella memoria per le sedie vuote e le piadine invendute.

Qui, a restare nelle teche plastificate trasparenti, sono stati i popcorn al burro, ma la sostanza non cambia. Gli spettatori hanno quasi disertato C’è tempo, il film di fiction «fighettino», pieno di citazioni cinefile da «ahò, ma quanto ne so dde cinema», diretto da «Uolter» Veltroni.

Un debutto, giovedì, da (s)profondo rosso, colore a lui caro, ma non quando si tratta di tirare le somme degli incassi. Ebbene, l’esordio fiction del primo segretario del Pd, distribuito in ben 188 sale, ha racimolato, al botteghino, appena 15.659 euro, come riporta l’autorevole e puntuale sito cineguru.screenweek.it, ringraziando almeno i 2.704 valorosi cinefili che hanno fatto la fila (si fa per dire) per ammirare scene cult come quella del drone che, dall’alto, riprende, poeticamente (ahò), da lontanissimo, i due protagonisti mentre, a bordo strada, fanno la pipì. Per capirsi, giusto per non venire tacciati di ideologia, ma limitandosi ai numeri nudi e crudi, nello stesso giorno, il documentario Free Solo, che racconta una delle incredibili imprese dello scalatore Alex Honnold, ha totalizzato, in appena 6 sale, dove spesso facevano una sola proiezione, 24.364 euro.

Tornando a «Uolter», la sua media, per schermo, è stata di 83 euro, roba da record negativo che neanche il Pd alle recenti elezioni. Che poi, a voler fare i puntigliosi, se dividete i 2.704 biglietti venduti per il numero delle sale, otterrete che ogni esercente ha staccato, in totale, tagliandi per meno di 14 persone. Quasi una media di 4-5 spettatori a proiezione. Insomma, a «Uolter», l’arcobaleno va ancora di traverso. Nel 2008, la sua decisione di non coalizzarsi con la Sinistra arcobaleno gli costò le elezioni politiche. Ora, l’idea, nel film, di affibbiare al protagonista Stefano Fresi il ruolo di osservatore di arcobaleni, almeno a guardare i dati del primo giorno, non gli ha portato bene. Ma forse, a penalizzare «Uolter» è stata l’idea di girare una pellicola sperando di ripetere, invano, la natura «mediana» del cinema di Kubrick. Qui, il voler schiacciare l’occhio ai cinefili duri e puri con pretestuose carrellate alla Novecento e, contemporaneamente, ingolosire le masse (si fa per dire), con disquisizioni sul gol annullato a Turone, in Roma-Juventus, ha privato il film di una sua anima. Il populismo radical chic, al cinema, come in politica, non paga più.

 

Fonte: http://www.ilgiornale.it/