Cibo e mascherine solo agli islamici: così il Pakistan condanna i cristiani

I cartelli fuori dalle moschee per avvertire i non musulmani di non presentarsi a chiedere cibo, guanti o mascherine.

Gli aiuti di emergenza sono stati acquistati con la zakat, l’elemosina rituale prevista dalla sharia, e quindi non possono essere distribuiti ai cristiani e ad altre minoranze religiose, ma soltanto ai fedeli islamici. Succede in Pakistan, Paese a maggioranza musulmana dove nelle ultime 24 ore si sono registrati duemila nuovi casi di coronavirus. La curva è tornata a salire dopo il parziale allentamento delle restrizioni da parte del governo, che ha portato centinaia di persone a riversarsi nei mercati locali. I numeri ufficiali parlano di oltre 30mila contagi. Tra le province più colpite c’è quella del Punjab.

Proprio qui, secondo Cecil Shane Chaudhry, Direttore Esecutivo della Commissione Nazionale Giustizia e Pace, organizzazione cattolica per i diritti umani, diverse organizzazione religiose musulmane hanno escluso gli appartenenti ad altre confessioni religiose dalla distribuzione degli aiuti. Nei giorni scorsi i volontari di un centro islamico nel villaggio di Sandha Kalan, nel distretto di Kasur, si sono rifiutati di offrire cibo a cento famiglie in difficoltà, soltanto perché cristiane. Lo stesso è accaduto a Lahore, in un villaggio sulla Raiwind Road.

Sempre nella stessa città l’imam di una moschea a Model Town, annunciando una distribuzione di beni alimentari per i più bisognosi, ha specificato che sarebbe stata rivolta “solo ai musulmani”. Eppure, assicura Chaudhri, che ha denunciato l’accaduto alla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, sono proprio gli appartenenti alle minoranze ad avere più bisogno di altri del supporto dello Stato e delle organizzazioni caritatevoli. I cristiani, in particolare, spiega ad Acs Italia, “svolgono i lavori meno pagati, con retribuzioni giornaliere che li obbligano a vivere sotto la soglia di povertà, oppure sono dipendenti da un lavoro che va scomparendo a causa del lockdown”.

L’attivista, quindi, fa appello al governo di Lahore, affinché siano fornite “mascherine, guanti e altri strumenti di protezione agli operatori sanitari e ai lavoratori domestici, molti dei quali sono cristiani”. Sono proprio gli appartenenti a questa minoranza religiosa, che svolgono le professioni più umili e di conseguenza le più esposte all’infezione, ad essere maggiormente a rischio. “Il Covid non conosce confini, ognuno è in pericolo, indipendentemente dalla religione – incalza Chaudhry – come si può ritenere giusto negare cibo e altri aiuti di emergenza ai cristiani e alle altre minoranze considerando in particolare che loro sono fra quelli attualmente più sofferenti?”.

La proposta è di utilizzare i censimenti per destinare gli aiuti in primo luogo ai più vulnerabili. Ma per ora, denuncia l’attivista, “non siamo a conoscenza di alcuna iniziativa che includa i membri di minoranze religiose per garantire che i loro bisogni non siano ignorati”.