Che fine hanno fatto i migranti positivi? La mappa di cui nessuno parla

 

Il coronavirus ha ripreso a correre e ogni giorno oramai il numero dei nuovi contagiati è a cinque cifre. Sotto accusa – lo si vede chiaramente nelle misure varate dal governo – sono soprattutto la movida e le scuole. Nessun cenno alla situazione dei migranti: nessuno ne parla più, come se i centri d’accoglienza o le navi quarantena non esistessero più.

Eppure in estate il sistema ha rischiato di collassare di fronte al peso della doppia emergenza, migratoria e sanitaria. E anche all’inizio dell’autunno la situazione è apparsa tutt’altro che rosea, con gli sbarchi che non si sono mai fermati nemmeno nelle ultime ore.

I migranti trovati positivi nelle ultime settimane

La situazione più difficile si riscontra al momento a San Ferdinando, in Calabria: qui è stata dichiarata la zona rossa dopo casi di contagio riscontrati tra i migrati ospitati in una tendopoli. Il provvedimento è stato preso dal presidente pro tempore della Regione, Nino Spirlì, in quanto “il 50% dei soggetti sottoposti a test sono risultati positivi” e almeno 180 persone sono da considerarsi contatti stretti dei migranti infettati. Sempre in Calabria, situazione complicata anche a Roccella dove sono stati scoperti 21 migranti positivi tra i 57 sbarcati il 12 ottobre. Qui la settimana precedente, sempre nel comune calabrese, erano stati trovati 8 positivi tra le persone approdate il 4 ottobre.

Focolaio importante anche a Palermo. Nel capoluogo siciliano il 14 ottobre a un gruppo di 14 persone ospiti di un centro d’accoglienza di via Monfenera è stata diagnosticata la presenza del coronavirus. Dieci di loro sono stati trasferiti al San Paolo Palace, dove hanno raggiunto altri 5 migranti trovati positivi in un altro centro palermitano per richiedenti asilo. Non va meglio nell’altra isola: in Sardegna, in particolare, preoccupa quanto avvenuto a Sassari dopo la scoperta di 60 positivi in un centro che ospita 72 migranti. Qui si è anche registrato un tentativo di fuga con la polizia costretta a intervenire. Tra le situazioni più critiche di ottobre, anche quella riscontrata a Fiuggi: nella città termale il 17 ottobre sono stati 25 i migranti trovati positivi.

Il focolaio a bordo della Rhapsody

A innescare maggiori preoccupazioni è anche quanto accaduto a bordo della nave Rhapsody. Si tratta di uno dei mezzi usati dal governo per la quarantena delle persone appena sbarcate. Salpata da Palermo il 6 ottobre scorso con 804 migranti prelevati da Lampedusa, il giorno successivo è arrivata a Bari dove i controlli hanno messo in evidenza una situazione molto grave: almeno 50 ospiti avevano contratto l’infezione. A un successivo controllo, il numero è salito a 87. Sabato la nave ha lasciato il capoluogo pugliese, non senza timori e polemiche per la gestione della situazione.

L’episodio della Rhapsody ha ancora una volta testimoniato la fragilità della strategia del governo sull’accoglienza: “Una nave popolata, in un contesto di possibile emergenza legata alla presenza di virus, è la situazione meno felice che possa esserci”, aveva dichiarato a settembre a IlGiornale.it il virologo del San Raffaele Massimo Clementi. Eppure, oltre alla Rhapsody, sono altre tre le navi dell’accoglienza usate in questo momento: si tratta dell’Aurelia, dell’Azzurra e dell’Adriatica.

I casi positivi nelle strutture di accoglienza

Anche all’interno dei centri di accoglienza che ospitano i migranti regolari, i casi di positività fanno registrare numeri importanti. A confermarlo è un’indagine condotta dall’Inmp, ovvero l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie della povertà. I risultati dello studio – pubblicato a fine settembre – parlano di 239 migranti positivi in 68 strutture distribuite dal nord al sud Italia. Per 62 persone fra queste sono state necessarie le cure in ospedale. Il nocciolo del problema non è legato solamente ai casi di positività che emergono di volta in volta ma anche alla gestione della situazione all’interno di queste strutture nel momento in cui vengono tracciati i nuovi positivi.

Secondo le indagini compiute dall’Inmp infatti i migranti che risultano positivi al tampone laringo faringeo vengono messi in isolamento solo in un quarto dei casi. Quindi è facilmente comprensibile come diventi alto il rischio di contagio. Per far fronte al problema dall’ inizio del mese di ottobre i migranti risultati positivi al virus, seppur rifugiati o richiedenti asilo e quindi regolarmente soggiornati e ospitati nei centri di accoglienza, vengono “prelevati” dalle strutture per essere trasferiti all’interno delle navi accoglienza.

“Le nostre denunce al ministero dell’Interno rimangono inascoltate”

La situazione nei centri di accoglienza è molto difficile da gestire anche perché i migranti si ribellano al dovere di rispettare la quarantena alle stesse condizioni dei cittadini italiani e fuggono. A denunciare la gravità di questa situazione è Stefano Paoloni, Segretario Generale del Sap: “Nei centri di accoglienza- afferma su IlGiornale.it- chi deve rispettare il periodo dell’isolamento pur non essendo stato riconosciuto positivo ma scappa, risponde di una sanzione amministrativa di 400 euro. Ma si tratta di migranti che non sono stati ancora identificati e che a prescindere, non pagheranno mai queste somme. Chi invece è stato riconosciuto positivo e fugge- continua Stefano Paoloni- va incontro ad una sanzione penale che prevede come minimo l’arresto per tre mesi. Ma anche di questa pena non ne risponde mai nessuno”.

Una situazione dunque lasciata al caso e alle capacità dei poliziotti che di volta in volta devono fare i conti con situazioni imprevedibili e per le quali non hanno un protocollo specifico da seguire: “La presenza delle forze di polizia nei centri di accoglienza- ha proseguito il Segretario Generale del Sap- ha solo funzione deterrente,di fatto nessuno può usare la forza per tenere i migranti dentro la struttura. Da giugno chiediamo al ministero dell’Interno dei protocolli perché di fatto nessuno ci ha mai indicato quello che possiamo fare. La situazione è lasciata al buon senso di chi è lì al momento”. E i casi di contagio fra gli stranieri all’interno delle strutture sono in aumento: “Arrivano a bordo di barchini in cui tutti sono ammassati- aggiunge Stefano Paoloni- e basta che fra loro vi sia un positivo per fare ammalare tutti gli altri che hanno affrontato lo stesso viaggio. Quando poi arrivano nel centro di accoglienza sono tutti a contatto ed è difficile separarli”.

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