Caso Palamara, l’ira di Di Matteo: «Nelle sue chat la prova del patto di potere sulle nomine»

All’espulsione di Luca Palamara dalla magistratura manca ormai solo l’ufficialità. È questione di ore. Domani, infatti,  l’assemblea generale dell’Anm ratificherà la decisione presa il 20 giugno scorso dal direttivo centrale del sindacato delle toghe. Indegnità morale è la lettera scarlatta che accompagnerà in eterno l’ex-potentissimo capo di Unicost. Pagherà per tutti. E non è escluso che a gridare “al rogo, al rogo” concorreranno anche togati che hanno beneficiati dei suoi intrallazzi al Csm. «Non farò il capro espiatorio», ha ripetuto Palamara sin da quando la stampa scoperchiò il verminaio contenuto nella sua chat intercettata con il trojan. Ma chissà se a quell’annuncio seguiranno mai atti concreti.

Su Palamara incombe l’accusa di indegnità morale

Nel frattempo, i magistrati s’interrogano sui fatti emersi dalle inchieste penali e disciplinari. Le interpretazioni non sono univoche, sebbene ognuna colga una parte di verità. Antonino Di Matteo, ex-pm della Trattativa e oggi al Csm, nel caso-Palamara vede soprattutto l’alleanza di magistrati e parte delle istituzioni finalizzata a «sbarrare la strada a chi veniva considerato “cane sciolto“». Vale a dire i «magistrati considerati non controllabili». Di Matteo lo ha detto nel corso di un convegno della Camera penale di Palermo. «Purtroppo – ha aggiunto -, in questa guerra l’avvocatura spesso si è schierata dalla parte di coloro che attaccavano i magistrati liberi e intelligenti»

Il gip Morosini: «Il suo caso getta un’ombra sul nostro operato»

Decisamente più amaro il commento di Giuliano Castiglia, gip al Tribunale palermitano. «ll problema della perdita di credibilità dei magistrati – constata – oggi non è più un rischio ma è diventato una realtà». E poi, riferendosi all’inchiesta da parte della procura di Perugia su Palamara, aggiunge: «Le chat dell’inchiesta hanno smascherato la favola della selezione dei migliori». Tra i magistrati è forte la preoccupazione di una complessiva delegittimazione dell’ordine giudiziario. È quel dice dice a chiare lettere Piergiorgio Morosini, anch’egli intervenuto al convegno dei penalisti di Palermo. «Veicolare una immagine diffusa di inaffidabilità della magistratura – avverte – getta anche un’ombra pesante su tutto il suo operato degli ultimi trent’anni».