Caso Fassina, insulti agli agenti: “Non c’è più Salvini, vi portiamo in Tribunale”

Le urla, le grida, le offese. E un ordine da eseguire. Se quanto successo a Roma lo si osserva dal punto di vista dei poliziotti, il racconto ha un colore molto diverso da quello emerso nelle prime narrazioni.

Il ferimento di Stefano Fassina, la “carica”, il deputato “picchiato”: tutto assume un’altra sfumatura. E quello che emerge sono soprattutto gli insulti rovesciati dai manifestanti nei confronti degli uomini in divisa.

“In quelle condizioni non li distingui nemmeno più”, dice al Giornale.it una fonte ben informata su quanto successo in via Tuscolana. Nei video si sentino i vari “stronzi”, “pezzi di m…”, “bastardi” e via dicendo. Normale routine. Ma stavolta un’espressione in particolare ha colpito gli operatori impegnati a gestire il sit-in dei lavoratori di fronte alla sede di Roma Metropolitane. Una volta caduto in terra Fassina, infatti, alcuni dei presenti si sono diretti verso le divise dicendo: “Vi portiamo in Tribunale, tanto non c’è più Salvini”. L’espressione è stata sentita più volte: a ripeterlo, in particolare, uno dei manifestanti anche se “lo hanno detto anche altri”. Un attacco che è “rimasto impresso” a chi lo ha ascoltato. “È allucinante – attacca Andrea Cecchini, segretario di Italia Celere – Noi non siamo servi di un politico. Rispondiamo solo agli ordini del questore e del capo della polizia. Quella frase ci offende perché insinua gli agenti siano antidemocratici o al servizio di un partito”.

Intanto la procura di Roma sta aspettando l’informativa della Digos su quanto successo. Tutto inizia nel tardo pomeriggio di martedì, quando il deputato di Leu arriva a dar man forte ai lavoratori di Roma Metropolitane in protesta. Poco dopo sopraggiunge anche un collaboratore dell’assessore alle Partecipate con l’intento di entrare nello stabile. “Ha provato ad avvicinarsi”, racconta la fonte, “ma è stato ricoperto di insulti”. Il malcapitato allora si rivolge ai funzionari del commissariato che si mettono in contatto con la centrale operativa. Dall’alto arriva l’indicazione di “usare il reparto mobile” per far entrare il delegato comunale nella sede. Ricevuto l’ordine, i celerini formano una sorta di “scudo” umano attorno al delegato, facendosi largo tra i circa 50 manifestanti che intralciano il passaggio. Le prime resistenze sono “abbastanza morbide”, poi gli agenti devono “scansare e alzare” alcune persone sedute in terra. Più si avvicinano alla porta, maggiore è l’opposizione. L’ultimo ostacolo sono Fassina ed altri sindacalisti che “si erano abbracciati uno con l’altro e formavano un cordone”. Impedendo così l’accesso alla Celere.

È a quel punto che, come rivelato dal Giornale.it, Fassina “usa il termine ‘Io sono un parlamentare’”. Gli agenti invitano inutilmente l’onorevole e gli altri a farsi da parte, poi continuano ad avanzare, il cordone si rompe e il deputato di Leu cade in terra. Il resto è storia: il video, i soccorsi all’onorevole, le proteste dei politici, i tweet di solidarietà. Secondo la fonte, alcuni manifestanti dopo lo scontro “stavano al telefono e dicevano ‘ci hanno caricato, ci hanno massacrato, ci sono passati sopra’”. Una narrazione contestata dagli uomini in divisa. “Non è possibile – sussurra la fonte – che un parlamentare, che rappresenta lo Stato, fronteggi chi sta solo cercando di far rispettare la legge”.

C’è poi un particolare non indifferente: il nome di Fassina compare nella relazione scritta dalle forze dell’ordine e qui, assicura la fonte, “è stato riportato che ha opposto resistenza” a pubblico ufficiale. In fondo i celerini hanno solo eseguito un ordine peraltro senza usare la forza. E Fassina (dimesso con un trauma toracico) non è l’unico contuso della giornata, visto – riferisce la fonte – “tra le forze dell’ordine risultano tre refertati”, cioè feriti, oltre al delegato del Comune.