Carabiniere ucciso, il reo confesso ritratta: tramite i legali chiede d’essere scarcerato

 

Nuovi avvocati italiani, un consulente legale americano e un team investigativo in arrivo dagli Usa, oltre al supporto affettivo ed economico della famiglia e agli incontri in carcere con il padre: tutti fattori che starebbero facendo la differenza. La macchina difensiva in aiuto di Finnegan Lee Elder, il ragazzo californiano accusato di aver ucciso il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega con 11 fendenti, sta lavorando alacremente e ottiene i primi risultati.

La confessione resa subito dopo il fermo, all’indomani dell’omicidio avvenuto la notte tra il 25 e il 26 luglio a Roma, non è stata confermata davanti al gip. Elder ha fornito una nuova spiegazione: quella notte temeva d’essere ucciso. A dargli sostegno da oltreoceano i genitori: “Scopriremo la verità”.

La versione di Finnegan, paura d’essere strangolato
Elder, alla seconda settimana di carcere a Regina Coeli in una cella che condivide con un detenuto asiatico, sta prendendo consapevolezza della sua condizione.

Davanti al gip, non ha rinnovato la confessione: la nuova versione dei fatti l’hanno resa nota i suoi difensori italiani, Roberto Capra e Renato Borzone. La notte tra il 25 e il 26 luglio, lui e l’ex compagno di liceo a San Francisco, avevano preso appuntamento in via Pietro Rega, zona Prati, a pochi metri di distanza dall’albergo in cui alloggiavano, con il mediatore dei pusher Sergio Brugiatelli.

Gli avevano rubato il borsello poche ore prima a Trastevere in piazza Mastai perché erano stati truffati: invece di cocaina, gli era stata venduta aspirina tritata. Avevano concordato la restituzione del borsello in cambio di 80 euro e di un grammo di cocaina.

Al gip Elder ha detto di essere convinto di dovere incontrare gli spacciatori o il mediatore, e di non immaginare che al loro posto trovasse carabinieri.

Quella notte ha creduto di essere strangolato da “uno strano uomo”, di venire aggredito da Cerciello, senza capire che lui e il collega Andrea Varriale erano rappresentanti delle forze dell’ordine. Ieri mattina, i suoi legali hanno presentato istanza al tribunale del Riesame per annullare la misura della custodia cautelare in carcere, come già hanno fatto i legali di Christian Gabriel Natale Hjort, l’amico accusato di concorso in omicidio.

E’ probabile che l’udienza venga fissata a settembre dopo la pausa estiva: il pool di avvocati italiani ed americani avrà in questo modo più tempo per studiare la migliore linea difensiva.

Uno dei legali, Roberto Capra, oggi ha detto alla stampa. “Abbiamo presentato una richiesta ufficiale sottoscritta da Elder per l’acquisizione di tutti i video della zona al momento dell’incontro tra i carabinieri e i ragazzi”. Alla domanda se esistano realmente questi video, l’avvocato ha dato risposta affermativa chiarendo che è stato chiesto alla Procura di poterli acquisire. Per il legale, infine, il suo assistito avrebbe detto di aver avuto paura d’essere strangolato subito: risulterebbe dal verbale d’interrogatorio.

Intanto il padre di Finnegan, Ethan Elder, tornato negli Usa, fa sapere tramite il consulente legale Craig Peters che l’opinione pubblica avrebbe avuto finora un resoconto incompleto della verità degli eventi. Il legale ha letto un comunicato stampa davanti alla casa della famiglia Lee, proprio alla presenza di padre, madre e sorella del ragazzo.

Il padre di Gabriel: ‘Mio figlio non è un assassino’
Ieri Gabriel ha ricevuto una nuova visita in carcere di suo padre, l’italiano Fabrizio Natale che da molti anni vive e lavora a San Francisco. Per la prima volta, nello studio dei due legali del ragazzo, Francesco Petrelli e Fabio Alonzi, ha accettato di rispondere alle domande di Fiorenza Sarzanini, giornalista del Corriere della Sera.

L’uomo ha detto di essere consapevole che il figlio ha sbagliato, ha fatto un errore grave per quel che concerne la faccenda della cocaina e la transazione con il pusher, ma è certo che non abbia ucciso. “Non è un assassino, e io voglio dimostrarlo”. Crede fermamente a suo figlio che gli ha giurato di non sapere che l’altro ragazzo nascondesse sotto la felpa un coltello militare d’attacco, che pensava di effettuare uno scambio per riavere indietro i soldi e chiede gli venga fatto l’esame tossicologico perché non avrebbe mai fatto uso di cocaina.

E perché allora è fuggito dal luogo della tragedia ed è andato in albergo a dormire? Il padre che ha visto la disperazione del figlio in carcere, crede alla sua spiegazione: non sapeva che quell’uomo fosse un carabiniere, e non aveva capito che era morto. Natale tutti i giorni pensa alla disperazione della moglie e dei familiari del vicebrigadiere Cerciello Rega. Intanto i Ris stamattina sono tornati nella stanza 109 dell’hotel Meridien in cerca di altre tracce, specie nella zona del contro soffitto dove era stato nascosto il coltello. Oggi sono stati completati gli accertamenti tecnici cominciati il 31 luglio scorso.