Calano le cifre degli assegni: che cosa cambia sulle pensioni

 

Importo medio mensile delle pensioni in netto calo nel 2020, è quanto emerge secondo i dati riportati dall’Inps: si è infatti passati dai 1.299 euro del 2019 ai 1.240 dello scorso anno.

Il dato peggiore, secondo, l’osservatorio sul monitoraggio dei flussi di pensionamento è per le pensioni ai superstiti (768 euro), a seguire l’importo medio degli assegni di invalidità (792 euro). Mediamente le pensioni di vecchiaia si attestano sugli 893 euro, quelle anticipate arrivano fino a 2.001 euro (valore più alto).

Inps riferisce che tra le nuove pensioni le più numerose sono quelle riferibili a lavori dipendenti privati (339.716), che incassano mediamente un assegno mensile da 1.345 euro. Più basso il numero dei dipendenti pubblici (150.053): per loro assegno mensile medio da 1.998 euro. Le nuove pensioni per i lavoratori autonomi (237.688) fanno registrare un assegno mensile medio di soli 847 euro, mentre gli assegni sociali (68.273 quelli liquidati) si attestano mediamente sui 416 euro.

In totale, quindi, Inps ha liquidato 795.730 nuove pensioni, contro le 740.486 del 2019 (+ 7,42%): tra di esse si registra un + 86% delle pensioni di vecchiaia del settore privato e un + 75% degli assegni sociali. Pensioni di vecchiaia che complessivamente (settore privato + pubblico) salgono a 255.813 nel 2020 contro le 156.995 dell’anno precedente. Inversione di tendenza per quelle anticipate, che scendono a 277.544 rispetto alle 299.770 del 2019.

Perché un aumento così consistente (+86%) degli assegni dei lavoratori dipendenti del privato? Secondo l’Inps il fenomeno è “riconducibile all’aumento dei requisiti anagrafici nel 2019 (da 66 anni e 7 mesi a 67 anni), che invece sono rimasti immutati nel 2020”. Ecco spiegato anche il motivo alla base dell’aumento del 75% del numero di assegni sociali (39.020 nel 2019, 68.273 l’anno successivo).

Secondo l’ottavo rapporto del Centro studi e ricerche itinerari Previdenziali la situazione è complessivamente peggiorata: il sistema previdenziale italiano, almeno fino a fine 2019, sembrava abbastanza in salute. Tuttavia, resta “ancora tutto da valutare l’impatto della pandemia da nuovo coronavirus”.

Le pesanti conseguenze economiche, ancora imprevedibili nei loro dettagli più minuti, sono dietro l’angolo. “Se, da una parte, sblocco dei licenziamenti ed esaurimento della cassa integrazione Covid-19 potrebbero mettere a dura prova l’occupazione, soprattutto in assenza di un piano vaccinale rapido e interventi in grado di rilanciare produttività e sviluppo del Paese”, si legge ancora nel report, “dall’altra la delicata situazione socio-economica prodotta da Sars-CoV-2 potrebbe accentuare la propensione al pensionamento degli italiani, mettendo il turbo a Quota 100 e alle altre misure di anticipo messe in campo negli ultimi anni, al posto di una vera e coraggiosa riforma in grado di ovviare alle eccessive rigidità della Monti-Fornero”.

Ciò si tradurrà, secondo il Centro studi e ricerche itinerari Previdenziali, in un netto peggioramento del rapporto attivi/pensionati per l’anno 2020. Numeri che potranno tornare ai livelli del 2019 non prima del biennio 2024-2025.

 

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