Cacciari e le lacrime in tv: “Piango per questa Italia”. E (ri)lancia la patrimoniale

 

Di lacrime, vere o forzate, in tv se ne vedono sempre più. Quelle versate da Massimo Cacciari hanno però stupito i telespettatori che l’altra sera guardavano il programma di Rai3 CartaBianca.

Lacrime sincere e cariche di dolore, come ha spiegato lo stesso filosofo. Perché di fronte alla disperazione di donne e uomini sul punto di perdere il lavoro non si può rimanere impassibili.

Il pianto è un sentimento umano che accomuna ricchi e poveri. Eppure a volte questa reazione emozionale lascia stupiti i più, soprattutto se i lucciconi sgorgano dagli occhi degli intellettuali. “Sì, lo avete visto, no? Mi sono commosso. E allora? Dov’ è la sorpresa?”, ha spiegato Cacciari parlando a La Stampa. È lo stesso filosofo a raccontare cosa gli ha provocato quella inaspettata reazione: l’emergenza coronavirus che si abbatte con la forza di uno tsunami sull’economia e sul lavoro. Il momento è complicato e potrebbe ulteriormente aggravarsi. Per questo Cacciari indica quale potrebbe essere la strada per uscire dal momento buio: una patrimoniale. Perché i sacrifici devono essere divisi fra tutti.

Cacciari teme che ben presto la situazione sociale si aggraverà. Il timore basato su elementi concreti. “Sembra che in questo Paese ormai si muoia solo di Covid, mentre è evidente, o dovrebbe esserlo da tempo, che non è così. Non ci vorrà molto: lo vedremo meglio tra un po’, quando finiranno cassa integrazione e blocco dei licenziamenti”.

Il filosofo non ha problemi a mostrare le sue emozioni. “Io ho fatto politica, ho fatto il sindaco, ho affrontato crisi aziendali, sono salito sul tetto del Comune di Venezia per convincere operai in lacrime a non buttarsi giù… Certe disperazioni le ho guardate in faccia. Ed è per questo che ora temo oltremodo un nuovo lockdown: metterebbe centinaia di migliaia di persone in ginocchio, e senza possibilità di recupero. Molti sono già alla canna del gas”. Per questo Cacciari sottolinea che è sì doveroso seguire le indicazioni degli scienziati ma allo stesso tempo questi ultimi devono tener conto della realtà quando indicano le norme da seguire.

La fine del blocco dei licenziamenti potrebbe produrre disastri che si aggiungerebbero ad altre questioni non ancora risolte. E di questo il filosofo ne è consapevole. “Altri disastri, puntualizziamo, dopo la cassa integrazione non arrivata ancora a tutti o anticipata dai titolari. Per non dire del sostegno alle imprese, che negli altri Paesi ti arrivava sul conto corrente e qui si perdeva nel labirinto della burocrazia. Comunque: il blocco dei licenziamenti andava fatto, ora è giusto, inevitabile rimuoverlo. E io mi chiedo: che farà adesso il governo?”.

A Cacciari non piace neanche come gli esperti stanno gestendo l’emergenza sanitaria. “Queste valanghe di numeri su nuovi contagi e decessi, queste cifre che non vengono spiegate, percentualizzate, confrontate, creano un clima e hanno l’unico effetto di spaventare la gente. E invece il momento drammatico che abbiamo di fronte non è la seconda ondata, ma la fine di tutti i salvagente lanciati all’economia”. Il filosofo spiega che ciò che lo ha commosso è stato vedere come la gestione di questa crisi “stia moltiplicando a dismisura le disuguaglianze. Ed è chiaro che se non si fa qualcosa, la situazione inevitabilmente peggiorerà”. Ma non per tutti in egual misura. “Penso, per dirne solo una, ai lavoratori pubblici e a quelli privati. Possiamo dire che i primi rischiano poco o nulla? Vogliamo fare qualcosa visto che parliamo tanto di diseguaglianze?”, ha rimarcato Cacciari. L’ex sindaco di Venezia indica la sua ricetta per uscire da questa crisi: “Il peso di questa crisi deve essere portato un po’ da tutti. Un tempo avremmo detto per un principio di solidarietà. Si taglino, anche solo temporaneamente, gli stipendi più alti. Si riducano alcune di quelle pensioni delle quali si parla da anni”.

Cacciari si spinge oltre dichiarando di essere favorevole alla patrimoniale: “Bisogna dividere i sacrifici tra tutti, mi pare evidente». Poi l’attacco alla sinistra. “Io vorrei solo capire- ha aggiunto- se c’è un modo di sinistra di uscire da questa crisi o se, come al solito, a pagare devono essere sempre gli stessi. Io fino ad ora di sinistra non ho visto niente. E guardi che se non ci sono state ancora proteste in piazza è solo perché il sindacato è per l’80% un sindacato di pensionati e pubblici dipendenti, quanto al Pd…”. Un Pd che forse non ha capito bene la realtà. “È messo come è messo. Al punto di essersi convinto davvero di aver vinto le ultime Regionali. Lo sa in Veneto qual è l’unico luogo dove hanno vinto? Piazza San Marco: non il centro, ma il centro del centro…». Più chiari di così è difficile essere.

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