Botte anche in carcere: i Bianchi in isolamento

 

Le belve di Artena in isolamento. Una lite e Gabriele e Marco Bianchi, assieme a Mario Pincarelli, vengono trasferiti nel braccio G9 primo piano del carcere romano di Rebibbia.

Motivi di sicurezza e non solo. Secondo i legali i gemelli «picchiatori» sarebbero in pericolo, minacciati costantemente. Stessa cosa si potrebbe dire degli altri detenuti del braccio G12 piano terra dove i tre accusati dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte sono stati rinchiusi per i 14 giorni di quarantena. Tutti i reclusi li temono e non vogliono averli accanto. Secondo l’associazione «Detenuti Liberi» i fratelli di Artena (una decine di denunce per rissa e lesioni gravi e tre processi in corso) avrebbero attaccato briga anche con un detenuto straniero, colpevole di averli apostrofati mentre si recavano in parlatorio. Una parola di troppo e i Bianchi non se lo fanno ripetere due volte. Così, tanto per tenersi in forma, si azzuffano con l’altro detenuto, Mohamed, un cittadino marocchino.

A denunciare il fatto la figlia dell’uomo che avrebbe chiesto protezione dai Bianchi al Garante del Lazio, Stefano Anastasìa, attraverso l’associazione di tutela dei carcerati. Nel G9 primo piano di Rebibbia sono rinchiusi i detenuti più pericolosi e quelli meno «graditi» al resto della popolazione carceraria. Ovvero i pedofili, i collaboratori di giustizia, gli assassini e gli stupratori di donne e bambini. Gli «infami». Il braccio in cui sono reclusi adesso i Bianchi e Pincarelli ha un passeggio palestra esterna, un campo da tennis e un campo di calcio. Celle da uno a sei detenuti, ogni sezione ha una stanzetta per la socialità, un tavolo da ping-pong e un calcio balilla perennemente rotto. I tre, però, non avrebbero altri ospiti con loro, isolati gli uni dagli altri.

«Radio Carcere», intanto, parla di grida notturne contro le belve di Artena, di ingiurie indicibili nei loro confronti, persino di sputi nei piatti in cui mangiano. «Le leggi del carcere le conosci, se so’ chiamati i divieti di incontro con tutti». Una situazione esplosiva per il penitenziario romano. Marco Bianchi, precedenti anche per spaccio di droga, giovedì prossimo sarebbero dovuto comparire a processo, al Tribunale di Velletri, dopo una serie imbarazzante di rinvii. È accusato di aver pestato a sangue un giovane bengalese più di due anni fa. Marco, assieme a un gruppo di amici che lo spalleggiano, si avventa contro lo straniero per uno sguardo di troppo. E lo massacra di botte. Passa un anno. Aprile 2019: si scaglia contro un cittadino indiano che per poco non viene investito. La sua colpa? Aver protestato contro il gruppo di belve. È troppo per i Bianchi che lo riempiono di botte e lo spediscono in ospedale. Della maxi rissa scatenata all’Outlet di Valmontone nessuno ha voglia di parlare. Ma la scazzottata con gli albanesi se la ricordano in molti. Dalle denunce al processo, fissato per il 2021. Troppo tardi.

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