Blitz del sindaco Raggi nei campi rom, la furia dei nomadi: “Non accadeva dai tempi del fascismo e nazismo”

 

Da Il Giornale – Da un lato della barricata c’è chi si lamenta perché “l’aria è irrespirabile” e chiede “la chiusura del campo”. Dall’altro, invece, c’è chi in quell’insediamento ci abita e lancia strali contro il governo e l’amministrazione: “Ci hanno chiusi dentro come topi, fanno come Hitler”.

Residenti delle periferie e rom, ancora una volta, gli uni contro gli altri. In uno scontro eterno.

Il blitz del sindaco Raggi al campo rom di via Salviati
Nella Capitale del degrado, ieri, è andata in scena l’ennesima “passerella” della sindaca Virginia Raggi che, a sorpresa, si è presentata fuori dal terzo accampamento rom per numero di presenze (circa 600), quello di via Salviati, a Tor Sapienza, periferia Est di Roma. Nel frattempo, la polizia locale e gli operatori dell’Ama davano finalmente inizio alle operazioni di bonifica dell’area adiacente al campo che, nel corso degli anni, si è trasformata in una vera e propria discarica a cielo aperto. Via Guglielmo Sansoni, ad esempio, è impercorribile. Chiusa al traffico dopo il guasto della vecchia fogna che serviva la baraccopoli, è diventata terra di nessuno, terra di sversamento di rifiuti e di roghi tossici.

L’ultimo grande incendio è divampato due giorni fa, proprio alla vigilia dell’arrivo delle ruspe del Campidoglio. Roghi del genere, ci spiegano i residenti, “oscurano il cielo almeno due volte alla settimana, ma non sono l’unico problema che abbiamo”. La zona è vittima di una combustione continua. All’interno della baraccopoli, infatti, “ci sono delle piccole fornaci dove quotidianamente vengono bruciate batterie delle auto e i fili di rame”, raccontano gli abitanti di Tor Sapienza.

Stavolta, però, in una diretta Facebook a margine del sopralluogo, la prima cittadina ha assicurato che “si apre un nuovo capitolo”. Sarà veramente così? Stando alla roadmap del Comune, via Sansoni verrà “liberata” dopo che l’Acea riparerà il guasto. E non solo. La vera novità è che da oggi, grazie ad un accordo siglato con la prefettura, saranno i militari della Brigata Sassari a pattugliare la zona, assicurandosi che i furgoni dei nomadi non trasportino più materiali destinati alla combustione. E per cautela alle vetture verrà destinato un parcheggio ad hoc, in un’area vicina al campo. “Se i furgoni saranno trovati pieni di rifiuti, verranno sequestrati”, assicura la Raggi, perché “non devono e non possono più esistere zone franche in cui la salute dei cittadini viene messa a repentaglio”. Contro la demonizzazione del campo si schiera Marcello Zunisi, avvocato dell’Associazione Nazione Rom, che attacca l’operato del Comune: “Un’intera etnia viene accusata pubblicamente di compiere crimini ambientali. È dai tempi di Hitler e Mussolini che non avvenivano processi sommari”.

Le reazioni dei residenti di Tor Sapienza
Critici nei confronti del Campidoglio, ma per motivi opposti, sono anche i residenti. “Di bonifiche, magari non di questa ampiezza, ne abbiamo viste tante e non sono servite a nulla”, dice Alessandro Moriconi, giornalista locale che teme che le discariche e gli incendi si spostino solo di qualche metro. C’è poi da fare i conti con la rabbia degli inquilini dell’accampamento. “Stamattina è stato arrestato un bosniaco che ha minacciato il comandante Di Maggio di essere pronto a dare di nuovo fuoco a tutto”, spiega Moriconi, che pone l’accento anche sulla difficile coabitazione tra le due etnie di rom che vivono nel campo, serbi e bosniaci, da sempre in lotta tra loro. L’obiettivo dichiarato del Movimento Cinque Stelle, che guida tanto il Campidoglio, quanto i Municipi nei quali è situato l’insediamento, è quello annunciato in campagna elettorale: il superamento dei campi rom.

“Nei prossimi mesi partirà il censimento di via Salviati e, fermo restando che in cima nella classifica dei campi da sgomberare ci sono la Barbuta e la Monachina, questo sta rapidamente scalando posizioni”, ha dichiarato Mario Podeschi, vicepresidente e assessore alle Politiche Sociali del V Municipio. In questi anni a chiedere la chiusura della baraccopoli è stato soprattutto Roberto Torre, presidente del Comitato di quartiere, che ormai non crede più alle promesse dei pentastellati: “A noi, questo, sembra più che altro uno spot pre-elettorale che arriva dopo tre anni di appelli, denunce e manifestazioni”. È pronto a scommettere che “si tratta solo di propaganda” il signor Torre, “la stessa che hanno fatto i sindaci che l’hanno preceduta”. “Ripongo qualche speranza nell’esercito, ma sono scettico perché negli anni tutte le misure prese a salvaguardia della nostra salute si sono rivelate un mero spreco di denaro pubblico”, spiega scrollando le spalle. “L’unica vera soluzione – conclude – è chiudere questo accampamento”. Ma tra le promesse da campagna elettorale e il fare ci passa una distesa di immondizia.

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