Belgrado 1999, quando la Nato decise di bombardare la Serbia

Belgrado e il 24 marzo del 1999 sono storicamente legate nel sangue, fu quando la Nato decise di bombardare la Serbia senza disco verde del Consiglio di Sicurezza Onu. Il sogno militare e genocida di Slobodan Milosevic si infranse sotto il fuoco degli aerei alleati della Allied Force Nato costituita da Usa, Regno Unito, Italia, Germania, Francia, Canada, Spagna, Portogallo, Danimarca, Norvegia, Turchia, Paesi Bassi e Belgio ma le vittime civili furono migliaia.

I dati ufficiali dicono che in quelle settimane tremende vennero effettuati 2.300 attacchi aerei da parte della Forza Alleata, andarono distrutti 148 edifici e 62 ponti, con 300  fra scuole, ospedali e istituzioni statali danneggiati.

Quando la Nato decise di bombardare la Serbia

E con essi anche 176 monumenti di interesse culturale e artistico. La base degli aerei fu ovviamente l’Italia, con 30 navi da guerra e sottomarini salpati nell’Adriatico.

Sempre quel report che sta a metà fra storia e cronaca dice che le bombe sganciate dagli alleati, che condussero esclusivamente una guerra aerea, uccisero 2.500 civili, tra i quali 89 bambini, fecero quasi 13mila feriti censiti  e circa un milione di profughi.

Analogie e differenze con la guerra di oggi

Non venne bombardata solo la “Città Bianca” Belgrado, anche Pristina in Kosovo, e per un amaro paradosso quella ricorrenza di sangue oggi cade nei giorni in cui il sangue scorre un Ucraina per scelta della Russia di Putin, in un gioco di analogie e differenze che vede ancora una volta la Nato impegnata, per ora solo concettualmente, a fronteggiare un’azione di forza.

Dopo il 1945 l’Europa non aveva visto alcuna guerra sul suo suolo, ma quella nella ex Jugoslavia spezzò quella continuità benevola. Dal 24 marzo al 10 giugno, giorno in cui Milosevic accettò il diktat dell’allora G8, fu un massacro assoluto. Con l’accordo di Kumanovo sul ritiro dal Kosovo l’orrore finì, ma per 78 giorni sull’Europa piovve sangue. Esattamente come oggi.