Barricate dei sindaci della Lega: non prenderanno altri profughi

Dal quartier generale del Carroccio è partita la direttiva di arginare il più possibile la svolta buonista dei giallorossi. “Noi faremo opposizione nei palazzi e useremo i nostri amministratori”, ha annunciato ieri sera Matteo Salvini dal palco della festa della Lega di Viadana, in provincia di Mantova.

La strategia è semplice. Ed era già stata adottata quando al governo c’erano i vari Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni e di immigrati ne arrivavano a botte di 200mila all’anno. “Se chiameranno un nostro sindaco per prendere profughi – ha continuato l’ex ministro dell’Interno – la risposta dei nostri sarà ‘zero'”. Riparte così il muro contro muro: da una parte la sinistra, che riapre i porti e riapre i rubinetti del business dell’accoglienza, dall’altra il Capitano e i suoi uomini, che proveranno il tutto per tutto per evitare una nuova invasione.

I numeri sono impietosi. A settembre si sono registrati oltre mille sbarchi in più rispetto all’anno scorso. Un aumento del 110% in meno di un mese la dice lunga sulla piega che ha preso il nuovo governo guidato dal premier Giuseppe Conte. L’aver spianato la strada alle organizzazioni non governative riaprendo i porti e di fatto mettendo in cantina i decreti Sicurezza fatti approvare da Salvini ha fatto riprendere, a pieno ritmo, le partenze dalle coste libiche. “A qualcuno nel governo conviene che proseguano gli sbarchi”, ha detto ieri l’ex ministro dell’Interno spiegando, senza troppi giri di parole, che “l’immigrazione conviene a chi guadagna sulla pelle di questi poveretti” e accusando direttamente il presidente del Consiglio di aver “promesso” alla cancelliera Angela Merkel di “trasformare l’Italia in un immenso campo profughi”. L’intesa sottoscritta a Malta dalla neo numero uno del Viminale, Luciana Lamorgese, porta proprio in questa direzione: non solo perché, in cambio di un’imprecisata ripartizione su base volontaria, sono stati concessi i porti italiani come primo approdo, ma anche perché, non appena i flussi torneranno a farsi massicci, i firmatari potranno chiamarsi fuori dall’accordo e lasciare l’Italia con il cerino in mano.

In Sicilia gli hotspot hanno ripreso a lavorare a pieno ritmo. Nei giorni scorsi il centro di accoglienza di Lampedusa ha registrato un aumento vertiginoso delle presenze obbligando il sindaco Totò Martello a chiedere aiuto al ministero dell’Interno. Tra ieri e oggi sono sbarcati altri 180 clandestini circa. Gli arrivi, favoriti dalle condizioni di mare calmo degli ultimi giorni, avvengono sempre più spesso a bordo di una imbarcazione più grande o di un peschereccio che, dopo aver fatto avvicinare i clandestini alla costa, li fa proseguire su piccole barche che non sarebbero adatte alla traversata dalla Libia. In casa Lega il timore di una nuova invasione, dopo quattordici mesi di stretta salviniana, è fortissimo. Per far sentire la propria voce il partito scenderà in piazza a Roma il prossimo 19 ottobre. Una manifestazione contro un “governo abusivo”, come lo chiama Salvini, per dire “no” a nuove tasse, alle politiche dell’accoglienza e allo ius culturae.

Giovedì prossimo riprenderà in commissione Affari costituzionali alla Camera la discussione sulle proposte di legge in materia di cittadinanza. Non si chiamerà più ius soli, ma la sostanza non cambia: i figli di immigrati potranno acquire facilmente la cittadinanza italiana a patto che abbiano frequentato le scuole o abbiano compiuto percorsi formativi equivalenti per un determinato numero di anni. È l’ennesimo “regalo” dei giallorossi agli stranieri che vivono in Italia. “L’integrazione è un percorso, la cittadinanza non è un biglietto al luna park”, ha scandito ieri Salvini al suo arrivo a un evento della Settimana del sordo, in piazza Duomo a Milano. “La cittadinanza facile non ci piace comunque la chiamino”.