Adesso anche la Lamorgese vuole una stretta sulle Ong

Come già anticipato nei giorni scorsi, i numeri iniziano a preoccupare anche il Viminale.

È vero che i dati di gennaio 2020, sul fronte immigrazione, non sono gli stessi degli anni dell’emergenza, tuttavia un aumento del 700% rispetto al 2019 è molto più di un campanello d’allarme.

E così, ecco che lo stesso ministro Luciana Lamorgese adesso prova a correre ai ripari. Si è dunque capito, su spinta soprattutto di numerosi funzionari del ministero dell’interno, che se il numero di approdi in Italia si è mostrato così in alto già nel mese di gennaio, in vista della stagione estiva la situazione potrebbe farsi molto delicata.

È bene infatti ricordare che nei primi 31 giorni del 2020, sono arrivate irregolarmente in Italia 1.275 persone, a fronte delle 202 dello stesso periodo del 2019. Il Viminale vorrebbe provare più strade per provare ad arginare un flusso che dalla Libia è tornato ad essere imponente.

In primo luogo, Luciana Lamorgese sta valutando la posizione delle Ong. In particolare, il ministro dell’interno vorrebbe tirar fuori dal cassetto nuovamente il codice già varato nel 2017 quando al Viminale sedeva Marco Minniti. In poche parole, si vorrebbe regolamentare l’attività delle organizzazioni non governative, le quali da quando si è insediato il governo Conte II non hanno avuto sostanzialmente freni. E dal ministero, così come scritto da Il Messaggero, si vorrebbe anche far luce su quegli eventuali rapporti tra scafisti e responsabili delle Ong: “Si ricomincia a parlare – si legge sul quotidiano romano – di telefonate tra scafisti e volontari delle associazioni non governative”.

Ma sotto questo fronte c’è un’importante resistenza interna alla maggioranza giallorossa. Una parte del Pd, al pari di LeU e di associazioni culturali legate comunque ai partiti al governo, non vorrebbe vedere una riedizione della stagione di Minniti sulle Ong. La mediazione potrebbe arrivare dalla promessa, da parte del governo, di togliere definitivamente i decreti sicurezza voluti da Matteo Salvini tra il 2018 ed il 2019, vero obiettivo della campagna volta ad invocare “discontinuità” da parte soprattutto della sinistra del Pd.

Tuttavia, l’operazione a livello politico non appare semplice. La maggioranza sotto questo fronte, ha già rischiato di spaccarsi a novembre in occasione della decisione di rinnovare per altri tre anni il memorandum con la Libia, altra operazione voluta da Minniti e non vista positivamente dall’area più a sinistra dei giallorossi.

C’è poi, sempre riguardo alle Ong, un tentativo di dialogo sul fronte europeo. Il ministro Lamorgese vorrebbe infatti responsabilizzare gli Stati di bandiera. Ed a tal proposito, si parla di trattative bilaterali soprattutto con Francia e Germania. Dopo il bluff sulla redistribuzione, presentata come un “successo diplomatico” dal governo Conte II nello scorso mese di settembre ma di fatto mai regolamentata da nuove normative in sede comunitaria, ora da Roma si sta provando a stringere singoli accordi con i partner continentali. L’obiettivo sarebbe quello di una cooperazione sulle Ong, che parta dalle certificazioni rilasciate dai paesi di bandiera e passi per una collaborazione nelle fasi di sbarco e redistribuzione.

Infine, c’è ovviamente in ballo anche la pista che porta direttamente nel paese da cui partono i migranti, ossia in Libia. Lunedì il ministro dell’interno di Tripoli, Fathi Bashaga, è stato a Roma, dove ha presentato il conto al nostro governo: l’esecutivo guidato da Al Sarraj vuole più soldi per poter costruire nuovi centri per migranti, chiusi nell’area della capitale libica per via degli scontri, e nuovi fondi per acquistare attrezzature. L’Italia potrebbe pagare il conto, abbastanza salato, a patto che la Libia si impegni a mettere nuovamente in mare le motovedette donate dal nostro paese negli anni precedenti.

A prescindere dalle strade che prenderà il Conte II sull’immigrazione, appare chiaro come il tema inizi a preoccupare e non poco i vertici sia di Palazzo Chigi che del Viminale. Quei numeri sopra esposti, potrebbero rappresentare un’insidia non indifferente nel proseguo dell’azione di governo.