Tregua Russia-Ucraina, la risposta di Medvedev è un insulto sessista
Una giornata densa di simboli e tensioni nella capitale ucraina, dove i leader europei si sono riuniti per dare forza al cessate il fuoco e lanciare un segnale unitario alla Russia. La visita, avvenuta in un clima di massima sicurezza, con mezzi militari a pattugliare le strade e silenzi istituzionali a fare da cornice, ha visto la partecipazione di Emmanuel Macron, Keir Starmer, Friedrich Merz e Donald Tusk, riuniti sotto l’egida della “coalizione dei Volenterosi”, come definita dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
L’assenza più evidente è stata quella della premier italiana Giorgia Meloni, relegata a un videocollegamento, una scelta che ha sollevato interrogativi sulla posizione dell’Italia in un momento cruciale del conflitto. Mentre i leader europei rendevano omaggio alle vittime di guerra al Memoriale dei Caduti in Piazza dell’Indipendenza, la Meloni si è defilata dalla foto di famiglia che, con ogni probabilità, sancirà la nascita di un nuovo asse europeo attorno alla crisi ucraina.
La reazione di Mosca alla proposta di tregua è stata tutt’altro che conciliante. Il Cremlino ha risposto con una freddezza eloquente, mentre l’ex presidente russo Dmitry Medvedev, ora addetto alla propaganda, ha affidato a X parole di fuoco, definendo la proposta di tregua “un’offesa”. Il messaggio di Medvedev, accompagnato da insulti, riflette la posizione di Mosca, che sembra intenzionata a continuare l’offensiva.
Nonostante le resistenze russe, i leader europei hanno ribadito la necessità di un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni. Keir Starmer ha sottolineato l’unità d’intenti tra Stati Uniti, Europa e Ucraina su questo punto. Emmanuel Macron, nel frattempo, ha chiesto colloqui diretti tra Kiev e Mosca, offrendo il sostegno europeo per facilitare il processo. In caso di rifiuto della tregua, ha avvertito Macron, saranno inasprite le sanzioni.
Il viaggio a Kiev ha un obiettivo chiaro: consolidare la tregua temporanea, già negoziata tra Trump e Zelensky, trasformandola in una pausa utile per esplorare un possibile percorso negoziale. L’iniziativa mira a costruire un fronte transatlantico compatto, con Ucraina, USA ed Europa che parlino con una sola voce.
Parallelamente, i ministri degli Esteri dei Paesi Ue hanno deciso di istituire un tribunale internazionale all’Aia per giudicare il crimine di aggressione contro l’Ucraina e di sbloccare un miliardo di euro da fondi russi congelati, destinati all’acquisto di armi per Kiev.
L’assenza della Meloni dalla foto di famiglia è un segnale politico inequivocabile. La premier italiana, che da settimane ha ritirato i propri emissari dalle riunioni operative della coalizione anglo-francese, sembra orientata a privilegiare una relazione bilaterale con Berlino, nel tentativo di bilanciare l’influenza dell’Eliseo. Il rischio, tuttavia, è quello di isolarsi in Europa e di apparire troppo allineata a Trump, proprio mentre gli Stati Uniti sembrano riavvicinarsi all’Europa.
Mentre la diplomazia si muove, la situazione sul campo rimane tesa. L’ambasciata americana a Kiev ha diramato un allarme sicurezza, segnalando la possibile imminenza di un attacco aereo. Lo spettro del super missile russo Oreshnik, evocato di recente dai canali filorussi, torna a spaventare la popolazione.
La giornata a Kiev si è quindi trasformata in una battaglia di simboli. E in questa battaglia, l’Italia, pur esprimendo la propria voce, ha scelto di restare ai margini. Un silenzio che, in politica estera, a volte, può valere più di mille presenze.