Conclave, vogliono proprio lui: “Perché sarebbe un gran Papa!”
L’aria profuma di speculazione e attesa in Vaticano. Il cardinale Matteo Maria Zuppi, attuale presidente della Conferenza Episcopale Italiana, è diventato, a sorpresa, il nome più chiacchierato tra gli analisti del toto-pontefice. Le quote dei bookmakers, in rapida ascesa, e l’attenzione crescente della stampa internazionale, da New York Times a testate europee, indicano un crescente interesse verso la figura di questo “prete di strada” romano, noto per il suo approccio diretto e la sua costante vicinanza agli ultimi.
La storia di Zuppi, come racconta il suo profilo, è un intreccio di radici borghesi e scelte radicali. Nato in una famiglia legata al mondo vaticano, con un padre giornalista e una madre nipote di un cardinale, Zuppi ha scelto di formarsi nella Comunità di Sant’Egidio e di dedicare il suo ministero alle periferie, sia geografiche che esistenziali. Il suo impegno per i poveri, i migranti, i tossicodipendenti e i malati è diventato un tratto distintivo della sua azione pastorale.
Ordinato sacerdote nel 1981, ha rifiutato incarichi prestigiosi per operare in contesti difficili, come la parrocchia di Torre Angela, periferia dura della Capitale, a testimonianza della sua idea di Chiesa: una comunità che “scende in strada e si sporca le mani”. Oltre al ruolo di pastore, Zuppi ha dimostrato capacità di mediatore, come nel caso della pace in Mozambico negli anni ’90. Papa Francesco, riconoscendo le sue qualità, lo ha nominato inviato speciale per la pace in Ucraina nel 2023, affidandogli una missione delicata tra Kiev, Mosca, Washington e Pechino.
Arcivescovo di Bologna dal 2015 e cardinale dal 2019, Zuppi ha mantenuto uno stile di vita sobrio e vicino alla gente, vivendo con altri preti anziani e muovendosi in bicicletta. Le sue omelie, semplici ma profonde, affrontano temi cruciali come la pace, la giustizia e l’accoglienza. È considerato uno dei principali interpreti della visione di Chiesa di Francesco: una Chiesa “ospedale da campo”, che si prende cura dell’umanità ferita e rifiuta la logica del potere.
Come presidente della Cei, Zuppi ha rilanciato con forza l’impegno della Chiesa per i migranti, sostenendo missioni di salvataggio in mare e promuovendo progetti come “Protetto. Rifugiato a casa mia”. Per lui, l’accoglienza non è ideologia, ma una diretta conseguenza del Vangelo: “Non possiamo chiudere il cuore. Non possiamo scegliere chi amare. Anche Gesù è stato un profugo”. Il suo sguardo si estende oltre l’emergenza, collegando le migrazioni a guerre, disuguaglianze e crisi climatiche.
Non sono mancate critiche al suo operato, ma Zuppi risponde con la calma di chi testimonia più che predica. Alla paura oppone la fede, alla chiusura il Vangelo.