Trenta, casa a Roma a 540 euro col trucco della riassegnazione

Per quella casa dice di pagare un affitto di 540 euro al mese, ma l’ex ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, si guarda bene dal dire che se non avesse ricoperto quel ruolo per oltre un anno adesso lei e il marito starebbero forse in un appartamento delle Forze armate, ma sicuramente meno lussuoso dell’attuale.

Per chiarire come stanno le cose è necessario fare un passo indietro. Quando l’insegnante della Link Campus University fu nominata ministro fece richiesta per un alloggio come avviene per qualsiasi ufficiale di alto rango. Questo perché lei e il coniuge abitavano in una casa al Pigneto, per cui sta pagando il mutuo, non ritenuta però adatta per le questioni di rappresentanza legate all’incarico, ma anche per motivi di sicurezza. Le fu assegnato, allora, un alloggio Asi, ovvero di rappresentanza e non un Asir (Alloggio di servizio individuale di rappresentanza) come quelli di cui usufruiscono i cinque Capi di Stato Maggiore (Difesa, Esercito, Aeronautica, Marina e Carabinieri). L’appartamento si trova in via dell’Amba Aradam a Roma ed è tra quelli di solito dedicati ai generali o, comunque, agli alti gradi delle Forze armate. Per una casa di 200 metri quadri come quella sul mercato si richiede un affitto medio di 2.200 euro al mese. L’Asi è, per intenderci, quello assegnato a chiunque ricopra un ruolo che prevede la reperibilità a due ore dall’ufficio, ovvero a tutti quelli che hanno una responsabilità.

Se un ufficiale ha casa a Roma e fa domanda non gli viene accettata, ma a un ministro sì, anche sulla base della relazione dei carabinieri di scorta che, con ogni probabilità, hanno indicato motivi di sicurezza prioritaria. Quando la casa fu assegnata la Trenta fece cambiare incarico al marito, all’epoca capo segreteria del segretario generale della Difesa, di fatto demansionandolo, attaccandosi a un possibile conflitto di interessi. Tutti inneggiarono all’onestà dei 5 stelle.

Una volta caduto il governo, però, il ministro uscente avrebbe dovuto lasciare l’alloggio entro tre mesi ed è qui che scatta la furbata, che non è certamente un illecito, ma una vera e propria mossa da volponi. Il marito dell’ex titolare del dicastero di via XX Settembre assume il suo vecchio incarico e al contempo chiede di rimanere in quell’alloggio per evitare traslochi. In questi casi avviene che di solito si lasciano i coniugi nella vecchia casa. Ovvero in un alloggio per cui è previsto, quando se ne ha diritto, un affitto che va, secondo fonti vicine alla Difesa, dai 120 ai 200 euro al mese. Se si rimane dopo senza titolo si dovrà pagare un corrispettivo pari al prezzo di mercato maggiorato in base al reddito e, nel caso della Trenta, si arriva a oltre 2mila euro. Soldi che, però, non spenderà mai o per poco tempo vista la riassegnazione dell’alloggio al marito al costo previsto per i militari.

Dove sta l’inghippo? Nel fatto che se la signora non fosse stata ministro al marito non avrebbero mai assegnato una casa di quella levatura. A questo si aggiunge che ha ancora la scorta e l’auto di servizio, probabilmente assegnata sulla base di una valutazione di sicurezza. Insomma, benefits che fanno scaturire una domanda lecita: ma non furono lei e i suoi colleghi pentastellati a portare avanti una campagna di moralizzazione per un aereo di Stato che, di fatto, si trova ancora a marcire in un hangar di Fiumicino?

Come può ora dire di essere sotto attacco se anche lei usufruisce di quelle agevolazioni che tanto criticava?