Strage di Bologna, Bersani attacca Meloni: “È stata una strage fascista, non raccontare che gli asini volano”

Alla Festa dell’Unità di Roma, nel corso di un dibattito pubblico condotto dal giornalista Marco Damilano, Pier Luigi Bersani ha affrontato con forte emozione il tema della recente sentenza della Cassazione sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980. La pronuncia ha confermato l’ergastolo per Paolo Bellini, ex esponente di Avanguardia Nazionale, per il suo ruolo nel concorso nella tragica strage che causò 85 morti e oltre 220 feriti.

Damilano ha evidenziato come la sentenza abbia certificato anche il coinvolgimento di mandanti storici ora defunti, tra cui Licio Gelli, capo della loggia P2, Umberto Federico D’Amato, ex responsabile degli uffici riservati del Viminale, Umberto Ortolani e Mario Tedeschi. Bersani ha commentato con commozione: «Ricordo come se fosse oggi il giorno della strage. Ero assessore ai servizi sociali di Bologna da poche settimane, e mi precipitai sul luogo. Vidi una città ferita, centinaia di bolognesi aiutarsi con ordine, lasciare passare ambulanze e autobus trasformati in mezzi di soccorso. Un’immagine di dolore e solidarietà che rimarrà impressa per sempre.»

L’ex ministro ha definito quell’evento «un’apocalisse senza disordine» e ha sottolineato l’impegno incessante nella ricerca della verità, nonostante decenni di depistaggi e piste false. Accanto alla riflessione storica, Bersani ha voluto anche rivolgere un appello diretto alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

Con toni decisamente duri, Bersani ha affermato: «Quella strage ha esecutori fascisti, mandanti e finanziatori legati alla P2, con la complicità di apparati dello Stato. La lapide che parla di strage fascista, subito contestata dalle destre, rappresenta la verità. Per i bolognesi, non c’è mai stato dubbio: quella fu una strage fascista.»

Rivolgendosi direttamente a Meloni, Bersani ha insistito: «Cara Meloni, adesso la smetti con i giri di parole. Chiama le cose con il loro nome: è stata una strage fascista. Non raccontare che gli asini volano. Il fascismo non è morto nel 1945, e non sono io a chiamarli così, sono loro.»

Concludendo il suo intervento, Bersani ha rivolto un appello alla memoria e al rispetto: «Ti devi inchinare davanti a quella lapide con i nomi degli 85 morti, tra cui tanti bambini, e dei 220 feriti, alcuni rimasti per sempre segnati. Lavoro con testardaggine e dignità dell’Associazione dei familiari delle vittime. Hanno rappresentato la volontà di verità della città e della regione per decenni.»

Bersani ha così celebrato una giornata che rappresenta una tappa fondamentale nel percorso della ricerca della verità storica e giudiziaria, definendola «straordinaria» e auspicando che questa occasione possa aprire una riflessione più profonda sulla memoria collettiva e la responsabilità politica nel nostro Paese.