“Stefano Cucchi fu ucciso” Condannati due carabinieri

Il Tribunale di Roma ha condannato in primo grado a 12 anni di carcere Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, i due carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale in relazione al pestaggio e alla morte di Stefano Cucchi, il ragazzo arrestato nell’ottobre 2009 per possesso di droga e deceduto una settimana dopo.

Sono stati loro, secondo la prima corte d’assise di Roma, a picchiare Cucchi la sera dell’arresto nei locali della Compagnia Casilina. La richiesta dell’accusa era di 18 anni. Secondo il pm, quello subito da Stefano era stato “un pestaggio violentissimo” e sarebbe “impossibile dire che non ci sia un nesso di causalità tra il pestaggio e la morte”.

Condannati altri due militari. Francesco Tedesco, l’imputato-testimone che ha svelato le botte rifilate a Cucchi, è stato assolto dall’accusa di omicidio ma dovrà scontare 2 anni e 6 mesi per falso. Sempre per falso, condannato a 3 anni e 8 mesi il maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca comandante interinale della Stazione dei carabinieri dell’Appia antica.

Inoltre, Tedesco e Mandolini, oltre a Vincenzo Nicolardi, sono stati assolti dall’accusa di falsa testimonianza – in origine di calunnia – “perchè il fatto non costituisce reato”. Per la corte d’assise, i tre militari furono sentiti, in occasione del primo processo, senza le garanzie di legge, e cioè senza l’assistenza di un difensore.

La famiglia di Stefano: “Ora può riposare in pace”

Soddisfazione per la sentenza è stata espressa dalla famiglia di Cucchi. “Stefano è stato ucciso, lo sapevamo, forse adesso potrà riposare in pace e i miei genitori vivere più sereni. Ci sono voluti 10 anni – ha detto la sorella Ilaria – ma abbiamo mantenuto la promessa fatta a Stefano l’ultima volta che ci siamo visti che saremmo andati fino in fondo“. E poi ha aggiunto: “Ringrazio tutti gli uomini per bene delle forze dell’ordine”. Mentre il padre di Stefano, Giovanni, ha commentato: “Questa sentenza parla chiaro a tutti. Non vogliamo un colpevole ma i colpevoli e finalmente dopo 10 anni di processi li abbiamo”. Sollievo anche per mamma Rita: “Un po’ di sollievo dopo 10 anni di lotte e di dolore estenuante, di processi non veri. E’ quello che aspettavamo da 10 anni”.

L’avvocato Anselmo: “Cucchi morto per le percosse”

Era una verità talmente evidente che è stata negata per troppo tempo. Io considero Mandolini corresponsabile quanto i due condannati per il reato. Vedremo le motivazioni della sentenza. La verità è che Stefano è morto per le percosse subite“, il commento di Fabio Anselmo, avvocato della famiglia Cucchi.

Assolti 5 medici (4 per prescrizione)

Si è invece concluso con una sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione per quattro medici dell’ospedale Sandro Pertini (e l’assoluzione per un quinto medico) il terzo processo d’Appello per la morte di Stefano. I giudici hanno assolto “per non aver commesso il fatto” Stefania Corbi e prescritto le accuse per Aldo Fierro, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo. I cinque si erano occupati a vario titolo del giovane durante il ricovero nel reparto protetto. Erano accusati di omicidio colposo.

Una sentenza che all’avvocato di Aldo Fierro, Gaetano Scalise, “lascia l’amaro in bocca. Non é comprensibile dal punto di vista logico perché l’assoluzione della dottoressa Corbi avrebbe dovuto comportare come conseguenza anche l’assoluzione del primario“.

Nell’udienza del 6 maggio scorso, il sostituto procuratore generale Mario Remus aveva chiesto il non doversi procedere per prescrizione del reato. “La prescrizione del reato è una sconfitta per la giustizia ma questo processo è stato fatto fra mille difficoltà” aveva sottolineato il pg nella sua requisitoria. Aggiungendo poi che “per salvare Stefano Cucchi sarebbe bastato un tocco di umanità, un gesto, per convincerlo a bere e a mangiare“.

Un iter processuale che ha visto gli imputati, inizialmente rinviati a giudizio con l’accusa di abbandono di incapace diventata poi di omicidio colposo, condannati nel giugno 2013 e poi assolti in appello. Successivamente era intervenuta la Cassazione, che aveva disposto un processo d’Appello bis dove i nuovi giudici avevano confermato l’assoluzione, fino al nuovo rinvio stabilito dalla Suprema Corte che aveva portato al terzo processo d’Appello.