Sempio, la cimice in auto svela tutto: l’intercettazione a “Le Iene”
Il caso di Chiara Poggi, rimasto aperto per oltre una decade, continua a riprodurre ombre e interrogativi. A distanza di anni, una serie di elementi emersi dai nastri di un’operazione della magistratura e rilanciati da un servizio di Le Iene riportano l’attenzione su una delle vicende giudiziarie più celebri della cronaca italiana: chi ha ucciso la giovane di Garlasco, quel 13 agosto 2007? E quanto incidono, se davvero incidono, le nuove piste sull’esito dei procedimenti finiti in condanne e sentenze?
Intercettazioni ritrovate: una chiave che fa riflettere Secondo il servizio di Italia 1 firmato da Alessandro De Giuseppe, un vecchio nastro, risalente al 2017, è riemerso dagli archivi grazie a una cimice installata sull’auto di Giuseppe Sempio e di sua moglie Daniela Ferrari, genitori di Andrea Sempio. Allora la vicenda giudiziaria a carico di Andrea stava per essere archiviata. Le registrazioni rivelano agganci tra denaro contante e ipotesi su come muovere migliaia di euro senza lasciare tracce: «Posso fare un assegno di 3/4mila euro», si sente dire. La conversazione prosegue con riferimenti a finti o elusi passaggi di denaro, con una madre che propone diverse soluzioni operative per “pagare qualcuno” e rendere tracciabili o meno tali pagamenti.
Uno strumento della memo, dunque, che per gli inviati delle Iene suggerirebbe la necessità di reperire denaro contante e la possibilità di “deviargli” un pagamento in contanti o con assegni. In tal senso, il servizio rilancia una lettura inquietante: quali rapporti, quali attori e quali incastri decisivi potrebbero pesare su una gestione processuale delicata? Una lettura che sorge nel contesto della ricostruzione di un’inchiesta che, secondo i narratori, poteva essere archiviata senza ulteriori sviluppi.
L’incontro con l’avvocato Lovati: una traccia che non si placa Il reportage riporta anche un incontro avvenuto nel febbraio 2017 tra Andrea Sempio, il padre e l’avvocato Lovati, figura di spicco nel contesto della difesa della famiglia Poggi. Subito dopo, un aggiornamento telefonico con Daniela Ferrari: «Ci ha detto che gira voce che sia in fase d’archivio». Poco tempo dopo, una dichiarazione pubblica di Giuseppe Sempio, in cui afferma: «Se avessi saputo che Andrea ha ucciso Chiara Poggi l’avrei portato dai carabinieri». Una frase che, anziché chiarire, alimenta nuove domande. Perché sottolineare una possibilità del genere? A chi sarebbero destinati i soldi discussi nelle intercettazioni? Le risposte che emergono dal servizio sembrano puntare verso una rete di rapporti e di interessi che attraverserebbero la sfera privata, quella giudiziaria e persino quella mediatica.
La pista Tizzoni: domande anticipate e una possibile pressione sull’indagine Un altro capitolo riguarda la figura dell’avvocato Gian Luigi Tizzoni, noto legale della famiglia Poggi. Secondo il racconto delle Iene, ci sarebbe stata una possibile trasmissione di quesiti in anticipo alla difesa tramite canali ufficiosi, e una registrazione attribuita ad Andrea Sempio sembrerebbe indicare che «Tizzoni è l’unico che per vie ufficiose può arrivare a queste cose…». Se interpretata come conferma di una possibile pressione o di un accordo, tale elemento potrebbe avere un peso enorme sulle ricostruzioni legali e giudiziarie in corso. Non è una nuova denuncia, ma una traccia che, se confermata, potrebbe trasformare il contesto del processo Poggi, e alimentare nuove analisi sul ruolo di eventuali mediazione o influenze nella gestione degli atti giudiziari.
Famiglia Poggi, Venditti e una cornice di indagini in evoluzione La “pista Venditti” ha rilanciato un potenziale collegamento tra il passato giudiziario e le indagini ancora operative. Mario Venditti, ex magistrato di Pavia sospettato di corruzione in atti giudiziari nell’ambito di un’inchiesta aperta a Brescia, figura al centro di accuse che, se confermate, porrebbero la sua azione professionale in una cornice che comprende anche l’archiviazione della richiesta nei confronti di Andrea Sempio otto anni fa. Le autorità stanno esaminando la possibilità che vi siano state pressioni o accordi economici al fine di orientare l’esito delle indagini. In una lettura d’insieme, la dinamica di potere che emerge dal dossier Venditti – e dall’esistenza di contatti e scambi di denaro – rischia di offrire una prospettiva completamente diversa sul contesto dell’omicidio di Chiara Poggi e sulle decisioni processuali che si sono succedute nel tempo.
Dove ci troviamo oggi: un caso ancora aperto e nuove domande In ogni rinnovata riflessione pubblica sul caso Poggi, resta centrale la domanda: chi ha ucciso Chiara Poggi quella mattina del 13 agosto 2007 a Garlasco? Dopo anni di processi, di condanne e di sentenze, una parte della verità sembra ancora sfuggire. L’evoluzione delle indagini, insieme alle nuove rivelazioni delle intercettazioni, tende a spostare l’attenzione su componenti familiari, legali e potenziali influssi esterni che potrebbero aver influito sulle procedure giudiziarie. Il contesto odierno vede l’interesse pubblico rivolto non solo al delitto stesso, ma anche ai meccanismi processuali e alle possibili pressioni o contingenze che hanno accompagnato le fasi cruciali dell’indagine.
Qualche riflessione finale
- Le intercettazioni, se confermate dalla verifica investigativa, possono offrire elementi utili per comprendere dinamiche di contesto: chi ha qualcosa da pagare, chi teme controlli, chi propone strategie per eludere la rintracciabilità dei fondi.
- Le piste sull’anticipo delle domande da parte dell’avvocato Lovati e sulla possibile trasmissione di quesiti in anticipo dall’avvocato Tizzoni aggiungono una dimensione di possibile criticità procedurale, che meritano verifica indipendente.
- L’ipotesi di corruzione o indebita influenza da parte di un ex magistrato come Venditti non è una conclusione, ma una frontiera di indagine che richiede competenza e trasparenza nelle verifiche; la sua relazione con il caso Poggi non è automatica, ma va valutata nel contesto di prove, contraddittori e filoni processuali ancora aperti.
- Il caso Poggi resta aperto: la combinazione di nuove intercettazioni, nuove piste e la storia giudiziaria consolidata invita a una lettura cauta, ma non paternalistica, della verità. La chiave di volta per una comprensione autorevole rimane l’esame rigoroso delle fonti, la verifica delle registrazioni e l’indagine indipendente sulle nuove piste che emergono.
La comunità resta in attesa di risposte chiare. In un mosaico di figure familiari coinvolte, di similitudini con altre inchieste e di segnali di contesto che si intrecciano con l’ordinamento giudiziario, il caso Poggi rappresenta una traccia ancora viva: una storia italiana di memoria, giustizia e la costante domanda su dove finisca la verità e dove cominci la fiducia.