Schianto atroce, auto su un gruppo di bambini: “Ha fatto apposta!”

Ha accelerato invece di frenare. Non ha esitato. Quando li ha visti, ha scelto: ha spinto il piede sull’acceleratore. Uno, due, tre, poi quattro, cinque, sei, sette. I loro zaini colorati si sono sollevati nell’aria come aquiloni strappati. La strada, pochi istanti prima tranquilla, si è trasformata in un campo di battaglia silenzioso, segnato da corpi a terra e grida spezzate.

Erano bambini. Piccoli, distratti, forse ancora con il sapore della merenda in bocca o con il ricordo dell’ultima risata tra i denti. Stavano tornando a casa, come ogni giorno. Camminavano insieme, alcuni probabilmente parlavano del prossimo compito in classe, altri guardavano il cielo, altri ancora pensavano solo alla voglia di giocare. Poi, l’impatto. Il metallo ha parlato per l’uomo che non ha detto nulla. Solo dopo, molto dopo, ha parlato anche lui.

È successo a Osaka, in Giappone. La polizia ha arrestato un uomo con l’accusa di tentato omicidio dopo che aveva investito deliberatamente sette scolari. Lo ha confessato lui stesso, senza esitazioni: ha puntato su quei bambini e li ha travolti. Nessuna sbandata, nessun errore, nessun imprevisto. Solo la volontà fredda e inaccettabile di colpire.

Tutti e sette sono stati trasportati d’urgenza in ospedale. Le loro condizioni, per quanto serie, non sono critiche: erano coscienti all’arrivo dei soccorritori. Lo ha riferito l’emittente pubblica Nhk, confermata da altre fonti locali. Feriti, ma vivi. Una notizia che consola solo in parte, perché nulla potrà cancellare lo shock, la paura, il rumore improvviso di un’auto lanciata contro l’infanzia.

Il quartiere è ancora sotto choc. I genitori non si separano dai figli, le scuole hanno rafforzato le misure di sicurezza, le domande si accavallano. Chi è quell’uomo? Perché lo ha fatto? Che cosa ha visto, o non ha visto, nei volti di quei bambini da spingerlo a colpire? Gli inquirenti, per ora, non escludono alcuna pista. Le indagini proseguono in silenzio, mentre le strade restano presidiate e il dolore comincia a sedimentarsi.

Perché un’auto non dovrebbe mai diventare un’arma. E una strada, in pieno giorno, non dovrebbe trasformarsi in una trappola. Ma questa volta è successo. È successo davvero.

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